Lettera aperta a Chiodi, presidente e commissario

23 giugno 2012 | 11:28
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Lettera aperta a Chiodi, presidente e commissario

«Caro presidente, mi permetto di rivolgerLe una pressante richiesta: si dimetta da Commissario per la ricostruzione. So che ha già espresso questa volontà, che ha compreso come sia giunto il tempo di chiudere la fase dell’emergenza, e avviare quella, lunga e faticosa, della ricostruzione; per la gestione di questa fase c’è bisogno del ruolo attivo degli enti locali.

Come cittadinanza attiva affermiamo da tempo la necessità del superamento della gestione commissariale, ma oggi è indispensabile, caro presidente, per una ragione fondamentale: è urgente e necessario togliere ogni alibi all’amministrazione comunale, in particolare a quella aquilana, rispetto alla conclamata e nota incapacità di svolgere, con umiltà e competenza, i suoi compiti.

Compiti, invero, che nessuno ha mai impedito di svolgere: il commissariamento non ha tolto alcun potere al comune di quelli costituzionalmente garantiti, e Le assicuro che se ne è fatto grande uso, basti guardare lo scempio del territorio e le innumerevoli costruzioni ( nuove costruzioni!) che son sorte come funghi dopo il temporale estivo.

Ma lo stato di emergenza ha permesso di individuare nell’altro, nel nemico (militante in altra parte politica), il responsabile delle cose che non vanno.

Ricorda?

Per capire che L’Aquila, ad un anno dal sisma, era ancora un cumulo di macerie, è stato necessario, il 14 febbraio 2010, l’invasione del popolo delle carriole per squarciare il velo di omertà che occultava la realtà a vantaggio della narrazione mediatica che ha visto sorridenti protagonisti i nostri amministratori, assieme ai massimi esponenti delle istituzioni nazionali.

Si andava verso le elezioni, presidente, e per coprire la inadeguatezza di una fallimentare amministrazione della provincia c’era una sola possibilità: alzare i toni dello scontro politico, risvegliare nei militanti i peggiori sentimenti antiberlusconiani, chiamare a raccolta altrimenti viene lui! Il nemico, l’evocazione del nemico, non il resoconto puntuale e constatabile di risultati raggiunti. E se a questo si aggiunge che il candidato dell’altro campo era marsicano, apriti cielo! Come vede, si sono sollecitati i peggiori sentimenti di aquilanità, quelli dei quali volentieri faccio a meno.

Poi ancora: ci sono i soldi per la ricostruzione? Mentre nei provvedimenti governativi erano chiaramente illustrate le previsioni di spesa, da parte di chi doveva litigare ad ogni costo si negava l’evidenza: ora è venuto il ministro Barca, che ha chiarito che i soldi a disposizione son xxx! Barca, assurto a quinto santo protettore, (all’Aquila ne abbiamo già quattro, ma è meglio abbondare), non ha detto: “il governo Monti ha stanziato xxx”, ma ha confermato che a copertura dei provvedimenti legislativi fino ad oggi assunti, c’è copertura per un totale di xxx, e si è pure meravigliato della modesta capacità della spesa fino ad oggi evidenziato.

Per un lungo periodo si è svolta la rappresentazione intorno al Piano di ricostruzione: regia del sindaco e attore protagonista qualche assessore comunale. C’è stata la negazione del piano per lungo tempo, salvo poi far notare che era scritto in una legge; in assemblea cittadina, da parte degli amministratori si sono persino azzardate date e contenuti ( illustrati da ottimi consulenti urbanistici); il risultato è che a conclusione dello spettacolo, il piano, tra l’altro si legge sulla stampa che pare sia stato scopiazzato da un lavoro di una università, ancora non ha una sua efficacia!

Poi ci sono state le elezioni: sono, signor presidente, tra i circa 40.000 aquilani che non hanno votato questo centrosinistra, dando un giudizio sull’operato dei suoi rappresentanti, non su Berlusconi o su Chiodi.

Rispettoso delle regole della democrazia, prendo atto del risultato.

La comunità nostra, dispersa, maltratta e spesso vilipesa, ha preferito rifugiarsi nella comoda scelta della conservazione, e non è riuscita a cogliere il sottile distinguo tra il consenso ( ad un progetto, ad una idea, ad una prospettiva) ed il voto ( nella vecchia politica da sempre si afferma: i voti si contano, non si odorano!).

La campagna elettorale si è consumata tra la buona volontà e la voglia di rinnovamento di pochi, e la più rassicurante scelta della conservazione degli altri.

Il linguaggio vecchio e desueto della politica dei giorni nostri, quella delle promesse mai mantenute, quella dei grandi annunci mediatici e dei vuoti e inconcludenti discorsi ispirati al politichese si è esibita alla grande anche questa volta, con il ripetersi dei riti già consumati, che hanno prodotto buon numero di voti: se non se ne va Chiodi mi dimetto; se tra un anno non avrò ricostruito mezzo mondo mi dimetto, e via dimettendosi…(ma quando?)

Nel profondo, viene da considerare (da tempo lo sostengo) che costa fatica avventurarsi verso frontiere sconosciute, in grado di superare le tradizionali visioni e contrapposizioni tra destra e sinistra che hanno caratterizzato la vita amministrativa nella nostra città, soprattutto negli ultimi tre anni e individuare nuovi orizzonti, nuovi valori e ideali, e accogliere e valorizzare l’impegno vero, serio, persino un po’ ingenuo che caratterizza la voglia di partecipazione che viene dal basso, dall’intimo della società civile.

Si è dato ascolto a chi proclamava la necessità di un cambiamento nella governance, senza scavare fino in fondo sul significato di questa parola e dei concetti in essa contenuti, che nel nostro caso, nella mente di chi enuncia a sproposito questo concetto, si traduce in “chi fa gli appalti”!

E vedrà, presidente, che cosa succederà per la Regione: la campagna elettorale è già iniziata, e gli aquilani saranno sommersi da insulti contro Chiodi, da ipotesi di candidature, e da nessuna riflessione sul futuro dell’Abruzzo e degli abruzzesi.

Presidente, mi rendo conto che la richiesta di dimissioni immediate, irrevocabili e in data ieri può apparire autolesionistico per un cittadino dell’Aquila, che ha bisogno non di chiacchiere vuote ma di efficace azione di governo dei complessi processi della ricostruzione; ma, mi creda, serve soprattutto a togliere l’alibi alla incapacità e inconsistenza dell’azione di governo e amministrativa che ha caratterizzato l’Amministrazione aquilana negli ultimi anni, e che vedo da questo inizio di consigliatura, mio malgrado, arrivare e imporsi quale unico argomento in discussione».

Totò Di Giandomenico, Cittadino senza città

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