Cronaca

Caso Ultrà: scatta ulteriore fermo

Tentato omicidio premeditato, rapina aggravata e porto abusivo di armi. Queste le accuse di cui deve rispondere P.D.G., il 28enne residente a Casacandela, in provincia di Campobasso, arrestato dalla sezione omicidi della squadra mobile di Pescara in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip presso il Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, su richiesta del pm Giampiero Di Florio.

L’arresto è maturato nell’ambito delle indagini sull’omicidio dell’ultrà pescarese Domenico Rigante, avvenuto la sera del primo maggio scorso nel capoluogo adriatico.

P.D.G. è il cugino di cinque rom, tutti della famiglia Ciarelli, già arrestati per quel fatto di sangue e lavora nella scuderia di famiglia all’ippodromo di San Giovanni Teatino (Chieti), non distante da Pescara. E’ stato individuato come possibile componente del gruppo di malfattori che avrebbe preso parte alla spedizione punitiva durante la quale è stato ucciso Rigante. Su questo aspetto dell’indagine sono in corso ulteriori approfondimenti, ma per il momento deve rispondere di un altro episodio avvenuto il 25 aprile quando una prostituta nigeriana ha subito una rapina da parte di un soggetto che, senza alcun comprensibile motivo, ha tentato di ucciderla, esplodendo contro di lei un colpo di pistola che l’ha raggiunta al viso. Il killer ha provato a far fuoco altre due volte ma l’arma si è inceppata, consentendo alla vittima di fuggire e di chiedere aiuto.

Un ispettore della mobile, durante le operazioni di foto segnalamento del sospettato da parte della Polizia Scientifica per l’omicidio Rigante, ha notato che le fattezze di P.D.G. sono compatibili con le descrizioni fornite dalla donna per cui è stato promosso un confronto all’americana, tramite un vetro a specchio, durante il quale la straniera lo ha riconosciuto, individuando anche alcune cicatrici sulle mani e i due braccialetti indossati dal suo presunto aggressore la notte in cui le avrebbe sparato.

Sia nel caso dell’omicidio Rigante che nel caso del tentato omicidio della prostituta è stata utilizzata un’arma calibro 38 per cui saranno effettuate delle comparazioni da parte del Gabinetto Interregionale Polizia Scientifica di Ancona.

Pasquale Di Giovanni, arrestato dalla polizia di Pescara per il tentato omicidio di una prostituita nigeriana, la sera del primo maggio alla stessa ora dell’omicidio di Domenico Rigante era vicino al luogo del delitto dell’ultrà biancazzurro . E’ uno degli indizi che porta a presumere che Di Giovanni possa in qualche modo aver preso parte alla spedizione punitiva di via Polacchi. «Sono indizi – ha detto il capo della squadra mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana – e non altro. Ci saranno degli approfondimenti, al momento è certo che Di Giovanni è legato da vincoli di parentela agli arrestati per l’omicidio Rigante ed è anche persona di fiducia del clan Ciarelli, in quanto si occupa dei cavalli di famiglia all’ippodromo di San Giovanni Teatino».

Altro elemento al vaglio degli investigatori è l’utilizzo di un’arma calibro 38 sia nel caso del delitto Rigante che nel caso del tentato omicidio della donna nigeriana. La prossima settimana la comparazione della polizia scientifica di Ancona dell’ogiva estratta dal fianco dell’ultrà biancazzurro e da quella estratta dal collo della prostituta stabilirà se si tratta o meno della stessa pistola. Per quanto riguarda il tentato omicidio della donna nigeriana è stato possibile risalire a Di Giovanni grazie all’ispettore della sezione omicidi Antonio Iervese che ha collegato le descrizione dell’aggressore fornite dalla donna alle fattezze dell’arrestato. La prostituta ha identificato il suo aggressore grazie alle foto a disposizione della questura dopo l’omicidio Rigante. La donna lo ha riconosciuto anche grazie ad un confronto all’americana e da alcuni particolari, come le cicatrici sulle mani e i braccialetti indossati da Di Giovanni. Il movente della rapina non sembra convincere gli investigatori in quanto l’uomo non sarebbe andato fino ai Colli di San Donato per compiere il gesto, anche perché la donna non aveva il permesso di soggiorno e, quindi, difficilmente l’avrebbe denunciato. Inoltre Di Giovanni ha quasi subito indossato dei guanti di lattice con la scusa di avere delle ferite alle mano. Quel giorno la straniera ha implorato pietà, ma Di Giovanni l’avrebbe colpita al volto con un colpo di pistola. Prima di fuggire avrebbe anche tentato di sparare altri due colpi, ma fortunatamente la pistola si sarebbe inceppata. L’uomo ha problemi di natura personale e familiare. Di Giovanni al momento dell’arresto si trovava a Congiunti frazione di Collecorvino (Pescara) nell’abitazione di una parente dei Ciarelli.

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