Politica

Il “Phs” del motto comunale

[i]di Errico Centofanti[/i] – È vero che quasi trent’anni di televisione commerciale hanno imbarbarito quasi tutto e quasi tutti nel nostro Paese, a cominciare da lingua e moralità, ma mi pare decisamente insopportabile che adesso, servendosi della propria e altrui ignoranza, si arrivi a strumentalizzare il motto del nostro Comune per sedurre in modo subdolo i cittadini nell’imminenza della scelta risolutiva di chi dovrà guidare la comunità nei prossimi cinque anni.

Altro non è se non una miserabile frottola, quella di chi va diffondendo una nuova e strampalata interpretazione del nostro PHS. Le radici della comunità aquilana trovano fondamento in una vocazione alla condivisione comunitaria del benessere assicurato dal lavoro e dall’onestà nonché nella garanzia di sicurezza per la popolazione: queste erano le necessità dei villaggi federatisi per fondare la città nel Medioevo e queste sono le priorità salvaguardate nel corso dei secoli all’insegna del civico motto “Immota Publica Hic Salus Manet” (“A ferma difesa del nostro pubblico bene”).

Il motto in lingua latina che fa parte dello stemma è un’aggiunta relativamente recente. Essa risale ai primi decenni del sec. XVII e viene tradizionalmente attribuita a Salvatore Massonio, umanista e storico aquilano allora assai celebrato.

Le parole “Immota Manet” vennero prelevate dalle Georgiche, dove Virgilio esalta con esse i pregi della quercia, la quale, ergendo la chioma nel cielo nella stessa misura di quanto affonda le radici nel terreno, ha la capacità di restare saldamente in piedi, stabile e incrollabile, anche sotto l’infuriare delle piú travolgenti tempeste.

Minori certezze sussistono per quanto riguarda la formula PHS, l’interpretazione della quale è fonte da un paio di secoli di un’aneddotica e di una pubblicistica piuttosto estese e non di rado comiche. PHS, infatti, da alcuni viene preso per un monogramma del tutto indipendente dal contesto. Altri, invece, lo considerano un acronimo incardinato nella frase comprendente le parole “Immota Manet”.

Per chi sostiene trattarsi di un monogramma, cioè d’una parola risultante dalla congiunzione e parziale sovrapposizione delle lettere di una o piú parole, PHS sarebbe in realtà IHS e dunque vorrebbe dire “Gesú”. Secondo questa teoria, la presenza in città di San Bernardino da Siena, oltre a determinare il diffondersi dell’uso di scolpire sopra l’ingresso delle case il monogramma del nome di Gesú (l’IHS tanto propagandato dal santo senese), ebbe anche a indurre la determinazione devozionale d’inserire l’IHS nello stemma civico. In appoggio a tale interpretazione, si sostiene che la grafia gotica dell’IHS bernardiniano sarebbe stata equivocata da scalpellini poco acculturati, i quali avrebbero cominciato a martellare la “P” in luogo della “I” e avrebbero cosí indotto in errore tutte le generazioni successive.

Una solida e autorevole tradizione interpretativa milita incisivamente, invece, in favore dell’opzione acronimo, cioè d’una parola formata con l’accostamento delle iniziali di altre parole. Tale tradizione interpretativa autorizza a decrittare il PHS in “Publica Hic Salus”. La lettura completa del motto viene cosí ad essere “Immota Publica Hic Salus Manet”, il che vuol dire “A ferma difesa del nostro pubblico bene”.

La tesi dei sostenitori dell’IHS ha goduto di modestissima fortuna fin dal suo primo apparire, il che avveniva all’epoca dei risentimenti clericali contro la legislazione con cui il neonato Regno d’Italia aveva espropriato un bel po’ del vastissimo patrimonio immobiliare ecclesiastico.

Tuttavia, quella tesi, con il suo indurre a credere che l’IHS (o anche il corretto PHS) fosse un’entità a sé stante, ha finito col favorire la grottesca e fuorviante interpretazione secondo la quale la mutilata formula “Immota Manet” alluderebbe a un’atavica vocazione all’immobilismo dell’intera comunità aquilana. A denegare una sciocchezza cosí plateale concorre in primo luogo quella minimale dose di buon senso e buon gusto di cui chiunque dovrebbe disporre. Ma, c’è di piú. C’è l’evidente intenzione, in quanti adottarono l’Immota Manet espunto dalle Georgiche, di voler proclamare il ruolo fondante attribuito alla solidità delle istituzioni civiche in ragione del benessere della comunità.

C’è inoltre la coerenza della formula “Immota Publica Hic Salus Manet” con una tradizione robustamente attestata fin dalla fondazione della città. Quella tradizione considerava inscindibili i concetti di “Municipalità” e “Buon Governo”: basti pensare al «per non essere vassalli cercaro la libertade» con cui il poeta Buccio da Ranallo sintetizzava nel Trecento il progetto politico dei padri fondatori; basti pensare che le condizioni per potersi riconoscere cittadini aquilani erano quelle di «Labor et Probitas», come proclama in latino l’iscrizione campeggiante al centro della fontana monumentale delle Novantanove Cannelle: «La nuova città gioisce ora delle acque del vecchio fiume e di quelle d’una nuova fonte. Se apprezzi quest’opera egregia lodane ogni aspetto ma non stupirti dell’opera e ammirane piuttosto i patroni che il lavoro e l’onestà fanno essere cittadini dell’Aquila. Nell’anno del Signore 1272».

Quella di “Lavoro e Onestà” quale presupposto della cittadinanza e quella dell’inscindibilità dei concetti di “Municipalità” e “Buon Governo” sono peculiarità che qualificano e nobilitano l’essere Aquilani. Occorre tenere ben presente l’autentico significato della formula “Immota PHS Manet” e occorre saperne trarre ispirazione ogni volta che le nostre azioni e le nostre scelte, individuali o collettive che siano, possano rischiare di sfuggire all’imperativo dell’agire “a ferma difesa del nostro pubblico bene”. In particolare, occorre tenere ben presente, alla fine di questa settimana, chi può seguitare a garantire la tutela della nostra comunità rispetto allo scellerato disegno che fin dal 6 Aprile 2009 mira a smantellarne definitivamente l’economia e il ruolo istituzionale.