Tumori e psicologia: le frasi da non dire mai ad un malato

Londra, 19 apr 2012 – Non è facile assistere un malato di cancro partendo dalla cosa apparentemente più semplice: le parole e le frasi giuste da usare. Deborah Orr, giornalista politica del Guardian, evidenzia dalle pagine del quotidiano basandosi sulla sua esperienza diretta, quali sono le dieci cose che è meglio non dire mai a una persona malata di tumore.
«Quello che nessuno vi dice – ha spiegato la Orr – è che una malattia grave, vi pone al centro di un vortice di attenzioni bellissime da parte della famiglia e degli amici. Ma spesso si diventa anche bersaglio di frasi dette in buona fede che sortiscono l’effetto di farti sentire peggio».
La prima della lista è «Non sai quanto mi dispiace per te». La frase, ha commentato la Orr «fa sentire oggetto di pietà e compassione, non è esattamente una bella sensazione».
La seconda è «Se c’è qualcuno che può combattere questa malattia, sei tu!». Non suona bene perchè «sottende il significato che solo chi ha carattere potrà farcela, non è confortante».
Un’altra espressione sotto accusa è «Ti trovo bene»: «E’ impossibile che non si noti l’affaticamento del corpo della persona colpita a occhio nudo, è un’uscita stucchevole».
Come lo è l’espressione che afferma il contrario «Hai un pessimo aspetto»: «Un malato non ha assolutamente la necessità di trovare conferma del suo stato».
Successiva gaffe da non fare è «Fammi sapere i risultati»: «Nessuno ha voglia di diffondere in stile social network i risultati delle analisi dopo lunghi e stressanti esami, spesso terminati con notizie che non vorrebbe sentire».
Nell’elenco delle frasi inflazionate e fuori luogo emerge «Qualunque cosa io possa fare per aiutarti…»: «Meglio dare direttamente un suggerimento su come aiutare l’amico, del tipo: Che ne dici se vado a prendere io i bimbi a scuola il martedi’?».
Il suggerimento numero sette è mai dire «Le tue preoccupazioni sono infondate» perchè secondo la Orr «questa è la tipica frase che si utilizza quando le preoccupazioni sono più che fondate… Usarla in questo caso è davvero controproducente».
Il consiglio numero otto è non dare sfogo alla propria indiscreta curiosità chiedendo «Cosa si sente con la chemioterapia?».
Seguito da «Ho davvero bisogno di vederti» perchè «gli ammalati sono implicati in mille spiacevoli impegni tra esami, analisi e cure e non è mai cosi’ semplice trovare un buco per vivere davvero».
E infine: meglio mordersi la lingua piuttosto che farsi uscire un: «sono terribilmente sconvolto per la tua condizione» seguito da un diluvio di lacrime: «Perchè – ha concluso Orr – l’ammalato ha bisogno di spunti positivi e di avvertire una vicinanza serena; meglio regalare fiori e sorrisi che lacrime».