L’Aquila che vogliamo: la rivoluzione pacifica fatta con la penna

23 marzo 2012 | 09:56
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L’Aquila che vogliamo: la rivoluzione pacifica fatta con la penna

L’Aquila, 23 mar 2012  – Un nuovo modo di far politica per il capoluogo è quello che Lcv, L’Aquila che vogliamo, sta mettendo in campo in modo tale da superare schieramenti politici e colori. Basta ai personalismi ma porte spalancate ad lista civica pura composta da professionisti.

Ricostruzione ma non solo nelle 9 macro aree individuate dal candidato sindaco Vincenzo Vittorini e dalla sua squadra, età media 40 anni, che come idea di fonda ha il totale non riconoscimento con l’amministrazione, sia maggioranza che opposizione, che ha tenuto le redini de L’Aquila negli anni difficili, ormai 3, del post terremoto. «Non hanno saputo portare a termine nulla di nulla», sottolinea con voce amareggiata Vittorini. Per il candidato sindaco di Lcv è mancato lo «scatto d’orgoglio a livello di istituzione comune e il risultato è sotto gli occhi di tutti». Un mal governo che non si è manifestato con il terremoto ma che con la gestione della catastrofe si è comunque accentuata.

Vogliamo andare oltre tutti i movimenti di pensiero nati dopo il sisma che sono stati importantissimi perché hanno rappresentato un pungolo vitale per tutta la città ma che poi non ha colto un ulteriore passaggio e cioè far sì che tutte queste idee si concretizzassero in qualcosa di concreto». Trasformare le idee in qualcosa di fattivo che spazzi via la chiusura dimostrata dalla politica tradizionale verso la partecipazione dei cittadini nell’amministrazione della cosa pubblica.«Il Comune dovrà essere il vero Urban center della città in modo da tenere tutto sottocontrollo, per evitare che non si cammini tutti insieme perché se così fosse ad essere rallentata sarebbe la ricostruzione de L’Aquila. Per Lcv il Comune non è un dispensatore di posti di lavoro, un ufficio di collocamento. Il Comune è un attivatore del sistema in maniera tale che non ci siano più cittadini di serie A e altri di serie B».

«Nessuno di noi ha la bacchetta magica per risolvere i problemi ma c’è la volontà di combattere per i propri concittadini e per far rinascere la città. Non siamo maghi da una parte e non siamo piagnoni. Vogliamo abbattere il muro di gomma che in questi 3 anni ha tenuto gli amministratori chiusi dentro un fortino come se i cittadini fossero dei nemici. Una situazione non più accettabile perché già si sono persi 3 anni, se ne perderebbero ulteriori 5 se la città ricadesse nelle mani dei partiti».

Un rinnovamento iniziato lo scorso luglio che si basa su un progetto – metodo che abbraccia a 360° i problemi della città, «nessuno potrà calare dall’alto un programma magari messo insieme facendo un copia incolla. Una città come la nostra, distrutta, ha bisogno di altri metodi come per esempio quello della gestione manageriale delle aziende mettendo in campo una strategia per trovare risorse umane e finanziare».

Una sorta di mini governo tecnico, dunque, che ha come idea de L’Aquila futura strutturalmente sicura, universitaria, europea, turistica, «cioè degna di essere vissuta. Non ci sarà il sindaco tuttofare, tuttologo, ma nella squadra ci sarà un uomo o una donna esperto in un determinato settore».

Il concetto di base di Lcv si sviluppa sulla ricostruzione antisismica della città, le infrastrutture, l’università, l’economia, e quindi lavoro, turismo, macchina comunale, sociale, sport e cultura. Temi, naturalmente, concatenati tra loro ma soprattutto con dei sottopunti con di cui si potrà controllare lo stato di avanzamento della realizzazione: «La popolazione potrà avere un controllo sull’agire dell’amministrazione perché potrà realmente verificare quanto si sta realizzando».

Un piano strategico proiettato sui prossimi 20 anni, già suddiviso nei periodi amministrativi e, dunque, condivisibile da altre amministrazioni, che «armonizza piani di ricostruzione, masterplan, piano regolatore perché solo in questa maniera riusciamo ad avere qualcosa di omogeneo evitando così quello che si sta verificando adesso come la cementificazione di piazza d’Armi, la variante sud alla statale 17. Sul Progetto case bisogna bandire ogni polemica, le magagne ormai le sappiamo, ora dobbiamo capire che sono un bene per la città, non vanno mandate in malora, vanno tutelati. Coppito 3 potrebbe essere un campus universitari, altri insediamenti potrebbero essere messi a disposizione delle nuove coppie, vanno comunque rivitalizzati».

Uno sguardo particolare alla giungla delle ordinanze che hanno amministrato a singhiozzo L’Aquila che, secondo Vittorini, devo essere «sfoltite e regolamentate con una legge per eliminare la confusione. Con la loro semplificazione si evita l’intromissione dei malintenzionati e si da maggiore trasparenza ai cittadini che sapranno esattamente quanto tempo ci vorrà, per esempio, per rientrare nella propria abitazione e soprattutto innalzare la sicurezza antisismica al 100% che comunque non comporterebbe un aumento eccessivo né dei costi né dei tempi per gli interventi».

E ancora, le infrastrutture: «La città de L’Aquila è un po’ isolata, siamo all’anno 0, le ultime sono quelle realizzate 40 anni fa. Se L’Aquila fosse collegata con Roma in 36 minuti potrebbe diventare il salotto della capitale scoprendo, così, la pepita d’oro del turismo».

Progetti pronti per approdare sul tavolo della politica nazionale: «Dobbiamo dimostrare di avere una leadership aquilana forte che si sappia confrontare con un governo di qualsiasi appartenenza politica. Non dobbiamo andare a chiedere fondi ma a interfacciarci con la forza delle idee».

Il monito di Vittorini si lega alla possibilità che le elezioni le vinca uno schieramento politico: «Inizierebbero a lavorare intorno all’estate dopodiché si entrerebbe in campagna elettorale per le elezioni nazionali e le regionali del 2013 e quindi i partiti sarebbero bloccati, non prenderebbero alcun tipo di decisione e si perderebbero così altri 2 anni. È per questo solo che una lista civica pura può affrontare».

E per chiudere una stoccata al sindaco uscente: «A me dicono che sono l’uomo del 100%, io penso che Cialente sia l’uomo dei piani, in 30 giorni ha tirato fuori quello che un’amministrazione dovrebbe tirare fuori in 5 anni: piano strategico, piano di ricostruzione, piano di mobilità urbana, piano di Protezione civile, piano di ristrutturazione della macchina comunale, chi ne ha più ne metta. Un sindaco uscente dovrebbe dire quello che ha fatto. E l’opposizione che in 3 anni non ha combattuto per L’Aquila non si può svegliare adesso e dire noi tireremo fuori la città dalle problematiche perché la minoranza è stata, nei 3 anni dopo il terremoto, in silenzio. L’opposizione doveva proporre qualcosa di diverso ma fattibile. Dire no e basta non porta a nulla».

Di Sarah Porfirio