Sanita'

Coronavirus e telemedicina, quando è importante la diagnosi da casa

Telemedicina, l'evoluzione digitale della medicina tradizionale: nuovi appelli. Con la sanità in emergenza, ridotte del 52% le nuove diagnosi di cancro. Le associazioni mediche: i tumori non sono meno gravi del Covid

Telemedicina, l’evoluzione digitale della medicina tradizionale. Se ne parla con rinnovato interesse ai tempi del Covid.

Sia quando non andare in ospedale era diventata quasi una regola, che ora: quando la paura di entrare in ospedale è diventato un problema.

“Non recarsi in ospedale, ma telefonare al proprio medico di famiglia o alla Asl”.

Una raccomandazione sentita tantissime volte mentre eravamo in quarantena forzata, chiusi in casa, sperando di non avvertire mai sintomi riconducibili al Covid. Sono tornati, allora, ad essere molti gli appelli ad un uso capillare della telemedicina: funzionante in Italia soprattutto attraverso una rete nazionale privata, ma mai decollata veramente nel settore della sanità pubblica.

Ne abbiamo parlato con il dottor Mauro Bracali, specializzato in Reumatologia, in pensione da tre anni. Per più di venti anni in servizio a Medicina Interna a Teramo e per 15 anni Geriatra nella sua Pescara, dove ha sempre vissuto, nonostante sia nato a Modena.

“La telemedicina non la scopriamo di certo con il SARS-CoV-2, ma sicuramente possiamo riscoprirla, ovvero rivalutarla una volta in più, soprattutto nel contesto che stiamo affrontando. Alle origini da noi era nata soprattutto nell’ambito dei pazienti cardiologici, per poterli seguire senza che dovessero sempre recarsi obbligatoriamente all’ospedale. Nel tempo, la tecnica e la visione della telemedicina sono state affinate, tanto che si è arrivati ad avere una rete nazionale che mette a disposizione una serie di professionisti, nelle varie branche mediche: chi vuole può richiedere un video-consulto, previo appuntamento. Un’attività a livello privato, quindi visite a pagamento”.

Telemedicina vuol dire non dover andare per forza dal medico o in ospedale, appunto. Nonostante i limiti intuibili della pratica della telemedicina.

“Spesso è possibile effettuare alcuni tipi di diagnosi in modo semplice. Certamente, però – pur se senza una visita diretta – con alla base un’anamnesi adeguata. Basti pensare all’utilità che sta avendo, in questo periodo d’emergenza, il saturimetro, lo strumento che permette di misurare l’ossigenazione del sangue. Se ne è parlato molto in merito alla funzione che questo strumento può avere nel seguire i pazienti positivi al SARS-CoV2 (poiché la polmonite da Covid-19 provoca una diminuzione del livello di ossigeno nel sangue ndr). Alcune pubblicazioni riportano che chi non ha a casa il saturimetro può telefonare a chi di competenza per sottoporsi a un test indicativo. Test che consiste nel far contare il paziente fino a un certo numero, con una sola inspirazione. Il punto in cui il paziente arriva a contare corrisponde a una certa percentuale di saturazione. Questo per fare un esempio semplice di come si può sopperire alla mancanza di uno strumento, ma avere comunque informazioni sul quadro della situazione”.

Telemedicina e non web-medicina

Il 2020, però, non è solo l’anno del coronavirus. È anche l’anno – o sarebbe meglio dire l’epoca considerando la tendenza ormai dilagante da tempo – in cui il paziente fa delle auto-diagnosi con il dottor Google.

“Questa è un’autentica piaga della medicina contemporanea. Il paziente in questa società riesce ad avere a disposizione qualsiasi informazione dal web. Ciò non vale solo per la medicina, ma per qualsiasi altro campo: da quello legislativo a quello ingegneristico. La verità è che non basta avere un computer e digitare una domanda per avere le risposte che si cercano. Solo l’elemento umano può valutare nel complesso il quadro delle variabili per ogni situazione ad oggetto, in questo caso situazioni d’ambito medico. La telemedicina ovviamente è un’altra cosa e sono contento di poter dire che è la pratica è stata ulteriormente affinata soprattutto ora, ai tempi del coronavirus. Basti pensare che è stata già avviata in alcune Asl e Regioni proprio in campo Covid, con video-consulti che hanno aiutato non solo a livello di sicurezza – limitando rischi di contagio – ma anche nel risparmio in termini di tempo, energie e denaro. Sarebbe, a mio parere, un sistema da implementare sempre più”.

Telemedicina e vantaggi organizzativi

“Molte volte, soprattutto nella medicina di base, basta una buona organizzazione. La telemedicina, attraverso una rete capillare che funzioni anche a livello pubblico, potrebbe risolvere annosi problemi di organizzazione in campo sanitario. Tra gli ambiti in cui, credo, ci si potrebbe utilmente avvalere della telemedicina c’è senz’altro la Geriatria. Penso, ad esempio, a tutti quei pazienti in cui fondamentalmente la diagnosi di base la si conosce già, i pazienti cronici. In questi casi non c’è bisogno di fare nuove diagnosi, ma di seguire il paziente. Vedere quindi eventuali miglioramenti o peggioramenti, seguire il trend del paziente e così via, mantenendo la cura a domicilio. Fattore importantissimo per un anziano, che spesso è un paziente fragile, soprattutto a livello psicologico. L’esempio tipico è quello dei pazienti con decadimento cerebrale, si può seguirli benissimo in telemedicina, ovviamente entro certi limiti”.

Covid e diagnosi oncologiche: nuovi appelli per la telemedicina

I medici intanto dichiarano impatti in termini di diagnosi e biopsie dimezzate del 52%, ritardi negli interventi chirurgici per il 64%, visite pazienti/settimana diminuite del 57% (Dati Sondaggio IQVIA). Bastano questi numeri per fotografare l’impatto della pandemia da coronavirus sulla cura del cancro in Italia.

Nel 2019, in Italia, sono stati stimati 371mila nuovi casi di cancro. I pazienti e le società scientifiche chiedono interventi urgenti, perché i tumori non sono malattie meno gravi del COVID-19 e ulteriori ritardi nella programmazione dell’assistenza rischiano di compromettere le possibilità di sopravvivenza. Per questo, FAVO, AIOM, AIRO, SICO, SIPO e FNOPI (Europa Donna Italia e IncontraDonna hanno aderito in rappresentanza di numerose altre associazioni di volontariato) hanno stilato un Documento programmatico per affrontare la cosiddetta fase 2, che tocca diversi punti cruciali: potenziamento della telemedicina, delle cure territoriali e dell’assistenza domiciliare, incremento del numero di interventi chirurgici, aggiornamento del parco tecnologico nazionale degli apparecchi di radioterapia, riattivazione urgente di tutti i programmi di screening, eliminazione degli ostacoli burocratici per ottenere le tutele sociali ed effettiva realizzazione delle Reti oncologiche regionali, con investimenti importanti nella medicina di precisione.

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