Il ricordo

6 aprile 2020, le candele illuminano la notte più lunga dell’Aquila

6 aprile 2020: un faro in piazza Duomo e candele in ogni casa per illuminare la notte più lunga dell'Aquila, quella dell'anniversario del terremoto di undici anni fa. I discorsi di Mattarella, Biondi e il messaggio del cardinal Petrocchi

6 aprile 2020: candele in ogni casa, ad ogni finestra e balcone, per illuminare la notte più lunga dell’Aquila, quella dell’anniversario del terremoto di undici anni fa.

Fiammelle che restano accese fino alle prime luci dell’alba, in un segnale di speranza per la nostra città e per quanti stanno combattendo contro la pandemia di Coronavirus.

Nei giorni scorsi è stato lanciato l’appello (accolto da numerosi Comuni italiani, Anci, e associazioni) sottoscritto dai Comitati familiari delle vittime e dal sindaco Biondi, di accendere un lume o il proprio cellulare alla finestra, nella notte tra il 5 e il 6 aprile per commemorare le vittime del sisma e tutti coloro che in questi giorni stanno perdendo la vita in solitudine a causa del coronavirus.

È stato un messaggio forte e potente che ha invaso i social network e ci ha fatto sentire più vicini, uniti anche se distanti. È mancato il crepitio delle fiaccole, il lento mormorare della folla lungo le strade della città, il rumore dei passi, il naso e le mani fredde tipici di ogni fiaccolata dal 2010 a questa parte.

Ma non sono mancati la solidarietà, la commozione, il pensiero a quanti sono stati travolti dalla scossa delle 3.32 del 6 aprile 2009, strappati ai loro affetti così come il Coronavirus sta facendo in questi giorni.

6 aprile 2020: luci alle finestre e faro

foto di copertina Stefano Palumbo

E un segnale di luce e speranza si è alzato da Piazza Duomo fino al cielo: un faro azzurro che in tanti avevano già notato nella notte fra il 4 e il 5 aprile, “prova generale” di quanto sarebbe accaduto nella notte più lunga dell’Aquila.

6 aprile 2020: luci alle finestre e faro

È proprio a piazza Duomo che poco dopo le 23 è avvenuto l’inizio della cerimonia in ricordo delle 309 vittime, con l’accensione del braciere da parte di un vigile del fuoco.

Uniche presenze consentite a piazza Duomo quelle istituzionali, in segno di rappresentanza dell’intera comunità del familiari delle vittime: il prefetto della provincia dell’Aquila, Cinzia Torraco, il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, e il sindaco di Barisciano, Francesco Di Paolo, in rappresentanza dei comuni del cratere del terremoto 2009.

biondi 6 aprile 2020 terremoto

Dopo l’accensione, le autorità sono entrate nella chiesa delle Anime Sante. Toccante il messaggio del presidente della Repubblica Mattarella, letto dal sindaco Biondi, che ha ripercorso con le parole il terremoto del 6 aprile ma anche quelli avvenuti nei borghi del centro Italia negli anni scorsi

“Il ricordo della notte del 6 aprile di undici anni or sono è impresso con caratteri indelebili nelle menti e nei cuori dei cittadini de L’Aquila e di tutti gli italiani. Un terribile terremoto portò morte e devastazioni, gettò numerose famiglie nella sofferenza e talvolta nella disperazione, rese inaccessibili abitazioni, edifici, strade, costringendo a un percorso fortemente impegnativo, prima di sopravvivenza, poi di ricostruzione. Nel giorno dell’anniversario desidero rinnovare i sentimenti di vicinanza e solidarietà a tutti gli aquilani, a quanti nei paesi e nei borghi limitrofi hanno condiviso sia quei momenti tragici sia gli affanni della ripartenza, ai nostri concittadini di numerosi altri territori del centro Italia che, nel breve volgere di pochi anni, si sono trovati a vivere drammi analoghi e ora sono impegnati, come a l’aquila, per restituire a se stessi e all’Italia la pienezza della vita sociale e i valori che provengono dalla loro storia”.

La ricorrenza di quest’anno si celebra in un contesto eccezionale, determinato da una pericolosa pandemia che siamo chiamati a fronteggiare con tutta la capacità, la responsabilità, la solidarietà di cui siamo capaci. Un’emergenza nazionale e globale si è sovrapposta a quell’itinerario di ricostruzione che gli aquilani stanno percorrendo, che ha già prodotto risultati importanti ma che richiede ancora dedizione, tenacia e lavoro.

La ricostruzione de L’Aquila resta una priorità e un impegno inderogabile per la Repubblica. I cittadini hanno diritto al compimento delle opere in cantiere, al ritorno completo e libero della vita di comunità, alla piena rinascita della loro città.

Di fronte agli ostacoli più ardui possiamo avere momenti di difficoltà ma l’Italia dispone di energia, di resilienza e di una volontà di futuro che ha radici antiche e che, nei passaggi più difficili della nostra storia, è sempre stata sostenuta da una convinta unità del popolo italiano.

Oggi questo senso di solidarietà e di condivisione rappresenta un patrimonio prezioso a cui attingere per superare l’emergenza di questi giorni”.

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Un “silenzio assordante” in piazza Duomo, che amplifica e aggiunge al dolore per i nostri cari, vittime del terremoto del 6 aprile 2009, il dolore per i caduti a causa del Coronavirus. Così il sindaco Biondi, nel suo messaggio in cui ha sottolineato che il silenzio di questa notte “ha il volto di chi abbiamo perduto”

6 aprile 2020: il discorso del sindaco Biondi

Sono trascorsi undici anni dalla notte più lunga e dolorosa della nostra vita e oggi la ricordiamo nel silenzio assordante di Piazza Duomo, un silenzio che amplifica e aggiunge al dolore per i nostri cari, vittime del terremoto del 6 aprile 2009, il dolore per i caduti a causa del coronavirus. Il silenzio, questa notte, ha il volto di chi abbiamo perduto, ha il respiro di una umanità che lotta contro una minaccia letale, ma quasi irreale nella sua non fisicità, perché materia dei laboratori di ricerca, perché patologia da ospedali.

Allora, come oggi, piangiamo la morte avvenuta in solitudine, senza la consolazione dei propri cari. Il ricordo della nostra tragedia di undici anni fa è rafforzato da un sentimento unico e solidale che accomuna l’intero Paese, perché qui, in questa piazza deserta – con accanto il prefetto Cinzia Torraco e il sindaco Francesco Di Paolo in rappresentanza dei comuni del cratere – si compie il riconoscimento istituzionale e collettivo del lutto dell’Italia e non solo. Ci troviamo di fronte all’universalità di un dramma e, forse, noi aquilani, senza presunzione ma con l’umiltà di chi ci sta provando, possiamo condividere la nostra testimonianza di rinascita.

Il nostro ricordare, lungo undici anni, rappresenta per noi una scelta rassicurante, nella misura in cui il passato dà senso al presente. Le nostre ferite, non sono solo la conseguenza di un evento drammatico. Il dolore, è stato ed è la spinta per un processo di rigenerazione che stiamo portando avanti con convinzione e determinazione.

Il ricordo del 6 aprile 2009 viene interrogato, raccontato, portato alla luce ogni anno perché senza non potremmo dare valore e visione al futuro dei nostri figli. Il Rinascimento dell’Aquila è l’esito del ricordo che diventa nutrimento per il futuro.

Abbiamo imparato che i sentimenti non vanno consumati, ma protetti; che la politica può e deve essere costruzione; che non può esserci spazio per la rassegnazione; che l’“Io attuale” non può prescindere dall’ “Io ideale” e che la memoria è fondamentale per restare umani, per non far prevalere la barbarie. Cedere all’oscurità significa essere convinti che la luce non tornerà mai.

Questa fiaccola, invece, ci racconta che la luce c’è e che illumina i nostri affetti, i valori a lungo ignorati, i tanti progetti da realizzare.

Ci mostra nuove possibilità e ci sfida ad afferrarle. La notte di undici anni fa fu illuminata dalla luce di alcuni “angeli” emersi dall’ombra: i vigili del fuoco che hanno scavato tra le macerie, i volontari che ci hanno soccorso e consolato, lo Stato che ci ha sostenuto…

Ora, come allora, non siamo soli. Ora, come allora alcuni “angeli” si prendono cura di tutti noi, ora come allora ci danno la speranza in un domani possibile.

In questo momento intendo rivolgermi a tutti i sindaci d’Italia, in particolar modo a quelli dei territori maggiormente colpiti dal coronavirus e ormai da settimane in prima linea, insieme al personale ospedaliero, in questa difficile battaglia.

A loro dico che, nonostante il dolore, la profonda sofferenza e il sentimento di impotenza davanti alle migliaia di lutti che colpiscono familiari e amici devono assolutamente credere nella speranza, devono tornare a imparare a sperare insieme ai loro concittadini.

Non è un imperativo per la sopravvivenza, ma per un futuro nuovo, dove la speranza diventi fattrice di storia, tensione verso uno scopo, impegno per un nuovo umanesimo.

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6 aprile 2020: il messaggio del Cardinale Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo Metropolita dell’Aquila

A undici anni dal terremoto che ha devastato il nostro territorio, un altro shock si abbatte sulla nostra comunità Aquilana: questa volta si tratta di onde d’urto non sismiche ma virali. “In questi casi non è sufficiente l’impegno di una minoranza attiva (per quanto ampia); non basta neppure che siano in tanti a mobilitarsi; occorre che tutti rispondano a questa chiamata generale e ciascuno faccia generosamente la propria parte. Bisogna mettere in campo una solidarietà intera, cioè a 360 gradi: attenta a rilevare e soccorrere le nuove urgenze suscitate dalla condizione emergenziale. Compito, questo, che investe le Istituzioni, ma diventa anche impresa di popolo.

“Sui volti e nei gesti della gente aquilana ricompaiono la stessa dignità indomita e la fierezza operosa dimostrate nei giorni del terremoto. Ancora una volta siamo tenuti a vincere la sfida contro un destino avverso. Pure in questi tornanti faticosi della nostra storia troveremo la perseveranza creativa per andare avanti e costruire un futuro ricco di prospettive promettenti. La calma razionale e composta deve tradursi in partecipazione intelligente e fattiva”.

“La Città affiderà la sua voce ai 309 rintocchi di campana che, nella notte, ricorderanno le vittime del sisma. Questi suoni, mesti e solenni, intendono abbracciare con la loro eco anche il dolore di tutte le famiglie che hanno perso i loro cari, spesso in circostanze strazianti, a causa del micidiale contagio”. L’arcivescovo invita poi a vedere “quello che non c’è (la piazza vuota)” e a difendersi “dal rischio di non-vedere quello che c’è (la presenza morale ed affettiva dell’intera comunità)”.

Il card. Petrocchi apre poi una riflessione: “Solo quando questo tsunami pandemico, che si è drammaticamente abbattuto sulle nostre abitudini, entrerà nella fase di riflusso, potremo capire l’entità e l’ampiezza dei danni che ha provocato. Infatti, alcuni effetti-percepiti delle calamità sociali sono successivi all’evento: come l’ematoma su un corpo non compare subito, ma dopo un po’ di tempo dal colpo subìto. Anche le risorse nascoste” spiega “quelle custodite nei depositi profondi (personali e collettivi) e necessarie per affrontare le fasi di emergenza, si attivano nella misura in cui si prende coscienza-collettiva del disastro.

“Nella notte di questo anniversario si accenderanno anche lampade e lumi per commemorare i morti da Covid-19: così, alle luci del “firmamento” aquilano si aggiungono altri “bagliori”, simbolo di un’appartenenza destinata ad ardere per sempre”.

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