Cronaca

41 bis L’Aquila, giochi e dolci per i colloqui con i figli

Un caso, nato all'interno del carcere dell'Aquila; al detenuto in regime di 41bis, era stato proibito di portare dolci e giochi durante il colloquio con la figlia

Una battaglia, quella vinta da un detenuto in regime di 41 bis all’Aquila, per avere dolcetti e qualche gioco durante il colloquio con la figlia, nata quando il papà era già in carcere.

Il legale dell’uomo, Nicoletta Ortenzi, ha vinto il reclamo presentato dal suo assistito. Il tribunale di sorveglianza dell’Aquila, tra le motivazioni, ha evocato le osservazioni della Corte costituzionale: “le compromissioni dei diritti nel regime del 41 bis sono costituzionalmente legittime soltanto se serve a escludere contatti dei detenuti con il gruppo criminale di riferimento”. Tutto il resto, quindi, sono misure afflittive inutili.

Un caso, nato all’interno del carcere dell’Aquila “Le Costarelle”; al detenuto in regime di 41bis era stato proibito di portare dolci e giochi durante il colloquio con la figlia piccolissima.

Gesti naturali, soprattutto per creare un contatto, dal momento, che accade molto spesso che i bambini sono molto disorientati dall’ambiente carcerario.

Nelle sale colloquio per i detenuti al 41 bis, non di rado si verificano le scene più penose: bambini in tenera età che, staccati dalla madre che non può accompagnarli, piangono o scappano dal padre che non hanno mai visto o non riconoscono.

Per ovviare a questo problema, prima della circolare del Dap che ha uniformato le regole per tutti gli istituti che ospitano il 41 bis, ai detenuti del carcere aquilano era consentito acquistare qualcosa da portare durante i colloqui con i figli per riuscire a intrattenerli.

Si tratta di piccole cose, tutte controllate e prive di confezione. Nel caso specifico, il detenuto, grazie a questi piccoli giochi e alle caramelle era riuscito a non far piangere la sua bambina di soli 3 anni; aveva creato un contatto positivo.

la bambina, va ricordato, ha conosciuto il padre solo dentro le mura del carcere e ogni volta inoltre, deve sopportare diverse ore di viaggio per arrivare all’Aquila.

A un certo punto, la direzione del carcere emette il divieto dello scambio di dolci. Il motivo è da ritrovare nella circolare del Dap dove si evidenzia che “i generi, dolci e giocattoli acquistati per i figli e familiari saranno trattenuti al magazzino fino alla consegna, che verrà effettuata dal personale preposto a conclusione del colloquio visivo o per invio tramite pacco alla famiglia”.

Ciò ha creato un vero e proprio trauma. Il venir meno di tale autorizzazione, proprio in questo momento in cui è consentito ai minori stare con il genitore per tutta la durata del colloquio, ha minato profondamente non solo la serenità dello svolgimento del colloquio stesso ma anche la serenità del rapporto tra padre e figlia.

La bambina, durante l’ultimo colloquio, ha dato segni di insofferenza, annoiandosi dopo poco e chiedendo di tornare dalla mamma prima della fine del colloquio.

Per questo motivo il legale Nicoletta Ortenzi ha fatto reclamo e l’ha vinto.

“Come si può pretendere, infatti – ha scritto nella memoria del reclamo – che una piccina di soli tre anni resti per due ore sola con il padre, visto peraltro così di rado, in uno spazio ridottissimo ed asettico, senza la madre e senza avere alcun intrattenimento se non il padre stesso che, nel contempo, dovrebbe anche effettuare il colloquio con i familiari al di là del vetro? Come si può pretendere che una bambina così piccola, anche tornando dalla madre, riesca a sostenere due ore di colloquio senza potersi distrarre ed intrattenere con nulla?”.

L’avvocato ha voluto sottolineare soprattutto che, “l’infanzia dei figli dei detenuti al 41 bis non ha tutela. Un colloquio, tra l’altro, che avviene in un ambiente già angusto. Minare e ostacolare il buon andamento di questo incontro, che già avviene in modo innaturale, appare davvero crudele ed ingiusto”.