Post sisma

Amatrice, ritorno nella città martoriata accompagnato da Virgilio

Amatrice, purtroppo, oggi rappresenta l’Inferno. Distrutta totalmente. Il centro storico non esiste più e neppure l’immediata periferia. Il reportage di Fulgo Graziosi

“Amatrice, purtroppo, oggi rappresenta l’Inferno. Distrutta totalmente. Il centro storico non esiste più e neppure l’immediata periferia”

Il reportage di Fulgo Graziosi

Nel primo canto dell’Inferno le tre fiere (la lonza, il leone e la lupa) ostacolarono la strada a Dante, proprio come è successo a me nelle precedenti visite ad Amatrice con i Militari, Carabinieri e Polizia, che non mi hanno consentito di percorrere il centro urbano per ragioni di sicurezza. In soccorso di Dante andò Virgilio che gli consigliò di seguire un altro percorso, quello che lo condurrà al regno dei dannati: l’Inferno.

Amatrice, purtroppo, oggi rappresenta l’Inferno. Distrutta totalmente. Il centro storico non esiste più e neppure l’immediata periferia.

Una cittadina strettamente legata a L’Aquila fino al 1927. Epoca in cui, per fondare la nuova Provincia di Rieti, furono sottratti questi territori per annetterli alla Regione Lazio. Alcuni castelli di questa area ebbero capitale importanza nella fondazione della grande Aquila medievale. Ecco perché molti non riescono a trovare facilmente nell’aquilano i 99 castelli che parteciparono a questa costruzione. Perciò, gli amatriciani si sono sentiti, e si sentono ancora, parte integrante dell’Aquila. Della stessa idea sono gli aquilani.

Ho inseguito il pensiero di tornare ad Amatrice in tempi più tranquilli. Nel dopo sisma, il movimento di mezzi e di persone ha sollevato tanta polvere, irrespirabile, priva di effetto, se non quello di creare nell’animo dei “dannati” l’illusione della presenza delle Istituzioni. Confusione. Ingerenze di ogni genere. Parole al vento. Promesse vuote e prive di ogni significato. Ho cercato e trovato anch’io il mio Virgilio. Profondo conoscitore delle persone, del territorio, degli usi e costumi, della storia, dell’arte che, in passato, hanno fatto di Amatrice un centro sociale ed economico di tutto riguardo. Al mio “Virgilio” ho ripetuto le stesse parole di Dante: “tu sei lo mio maestro e ‘l mio autore”. Perciò conducimi, guidami, illuminami, fammi rivedere i luoghi belli, interessanti che non hanno mai abbandonato il mio cuore. Il cuore puoi legarlo, farlo tacere, bendarlo, ma quando trema c’è poco da fare. Specialmente quando tremano all’unisono quelli amatriciani e aquilani. Ho anche detto al mio “Virgilio” che rappresenta la ragione, quel lume che dovrebbe fare luce nel meandro di quella “selva oscura”, di mostrarmi tutto ciò che è stato realizzato in questi tre anni.

Pochi nuclei familiari, rimasti strettamente legati alle loro radici, sono stati sistemati in alcuni moduli abitativi di legno. Veramente scadenti.

Eppure, una grande mente della strategia di gestione delle sciagure aveva dichiarato pubblicamente: “Mai adottare il progetto CASE dell’Aquila”. Guarda caso, la realtà dei fatti lo ha sconfessato. Prima dell’inverno, infatti, ben 24mila aquilani furono sistemati nelle palazzine di legno. Mentre ad Amatrice, dove fa più freddo, soltanto qualche nucleo familiare è stato ospitato nei prefabbricati SAE, con grande disagio e molti inconvenienti. Tutti ricorderanno l’ubicazione dei boiler all’aria aperta sulla copertura delle casette. Com’era prevedibile, scoppiarono tutti alle prime gelate.

Ho chiesto ad una madre di famiglia come si vive in questi moduli. “Molto male”, è stata la risposta. “È vero che si scaldano facilmente, ma, altrettanto facilmente, si raffreddano”.

Il mio accompagnatore mi ha ricordato che il Comune di Amatrice è composto da ben 69 frazioni sparse su un largo territorio, la cui gestione appare abbastanza impegnativa. Esistono circa cento Chiese, gran parte delle quali in pessime condizioni di stabilità. Mi torna alla mente la vitalità di Amatrice ed anche quella delle frazioni che ho frequentato in precedenza. Mi ha impressionato lo spaventoso silenzio. Non si sentono abbaiare neppure i cani. Le macerie ci sono ancora e ci saranno per un lungo periodo. Sono state rimosse soltanto in alcune aree del Capoluogo. Molte altre si formeranno col tempo perché le strutture compromesse dal sisma vengono ulteriormente danneggiate dagli agenti atmosferici.

I lavori in corso sono pochi. Non si odono neppure i rumori delle attrezzature edili. Per le strade non si incontra un’anima. L’erba cresce rigogliosa tra i selci e rende ancora più spettrale la desolazione dei luoghi. Percorriamo la strada principale della cittadina in silenzio, con il pensiero rivolto alla memoria dei tanti, troppi morti.

Ci muoviamo con calma per prendere maggiore cognizione dei danni arrecati dal sisma. Ci fermiamo nei pressi dei ruderi della Chiesa di S. Agostino, di cui è rimasto in piedi soltanto il portale dell’ingresso, il materiale lapideo lasciato a terra non appare di notevole interesse artistico. Eppure, la recinzione è perfetta, quasi fortificata. Forse per evitare il furto di un’arenaria del tutto insignificante. Si avvicina a noi una giovane in divisa militare, lasciata a presidiare quei pochi calcinacci. Con fare abbastanza cortese, ma deciso, ci fa presente che è vietato sostare in quel punto e, oltretutto, è vietato fotografare quei ruderi. Ci spostiamo leggermente. Ci imbattiamo in un signore del luogo, il quale chiarisce ironicamente che non sono i ruderi della Chiesa ad essere tutelati, ma la casa di una signora, Vice Sindaco del paese.”Unica struttura privata messa in sicurezza. Non solo. È stata sottoposta a vincolo dalla Soprintendenza laziale subito dopo il sisma”.

Il nostro interlocutore ci invita a guardare bene la struttura, in maniera che, con obiettività e diligenza, possiamo trarre liberamente le dovute conclusioni. La struttura è quella di un vecchio palazzetto con qualche modesto interesse artistico. Certamente non riconducibile al 1600, come affermerebbe la rappresentante comunale: sull’immobile sono presenti peraltro delle superfetazioni, con materiali lapidei del tutto diversi da quelli esistenti. Ammesso, e non concesso, che il palazzetto possa essere oggetto di attenzione da parte della Soprintendenza, il vincolo andrebbe attribuito all’intero caseggiato, non soltanto alla metà dello stesso. Ancora più paradossale appare la decisione di ordinare la demolizione, quasi totale, dell’altra metà dell’immobile di proprietà di altra famiglia.

Spicca tra i ruderi una ferrea armatura per la messa in sicurezza del palazzetto vincolato, il cui costo, forse, sarebbe stato sufficiente per ristrutturare l’intero caseggiato. A questo punto appare quanto mai opportuno fare delle considerazioni. Prima di tutto occorrerebbe precisare che negli anni passati Amatrice ha svolto un ruolo significativamente apprezzabile sotto il profilo socio economico, storico e culturale.

amatrice 2019, tratturo e chiesa

La pastorizia, con notevoli proventi, ha fatto crescere l’intero territorio, favorendo gli artisti del posto che hanno affrescato le pareti di quasi tutte le Chiese amatriciane. Questo territorio ha dato i natali a un pittore e scultore che ha lasciato la propria firma anche all’Aquila: Nicola Filotesio, meglio conosciuto con il nome di Cola dell’Amatrice. In quasi tutte le Chiese troviamo anche le opere di un altro grande pittore Dionisio Cappelli che, proprio nella Chiesa di S. Antonio Abate del 1068, di Cornillo Nuovo, ha realizzato più di venti affreschi illustranti la vita del Santo e le tentazioni che lo stesso subì nel deserto.

amatrice 2019, tratturo e chiesa

Sono tornato a vedere anche la famosa “Icona Passatora”, posta ai margini dell’ex tratturo per l’Agro Romano. Verso il 1400 l’icona fu incorporata in un bel santuario che ha conservato la stessa denominazione. Le pareti di questa Chiesa risultano completamente affrescate e gran parte dei dipinti, posti sulla parete nord est sono andati distrutti. Gli altri sono stati protetti dopo qualche anno, ma lasciati alla portata delle intemperie. Questi luoghi, una volta, venivano definiti come le “biblioteche degli incolti”, perché trasmettevano visivamente al popolo dei fedeli le storie dei Santi, dei miracoli e delle tentazioni. Ho assistito, per la prima volta, alla messa in sicurezza di una struttura pubblica, mediante la collocazione della sola copertura provvisoria del tetto con delle ordinarie onduline. Forse è la sola struttura pubblica oggetto della esecuzione di modesti lavori di protezione.

Una doverosa riflessione si impone a questo punto, non soltanto in ossequio alla memoria dei caduti, ma, anche e soprattutto, in rispetto dei diritti dei cittadini di Amatrice.

Il Ministro dei Beni Culturali, con tutta l’urgenza che il caso richiede, dovrebbe provvedere, per una semplice questione di legalità, alla immediata revoca del vincolo imposto sulla quota parte del palazzetto di via Garibaldi, di competenza di un rappresentante dell’Amministrazione Comunale di Amatrice. In alternativa, il vincolo potrebbe essere esteso anche alla restante parte del palazzetto, fortemente danneggiato dalle dissennate demolizioni effettuate con il ristoro dei danni arrecati. Lo stesso Ministro, poi, dovrebbe verificare se il funzionario, addetto a tale classifica, abbia agito nel rispetto della legge e delle norme ministeriali, con l’adozione dei necessari provvedimenti disciplinari. Inoltre, il Ministro dovrebbe conferire, doverosamente,il necessario impulso al finanziamento per l’avvio dei lavori di conservazione, restauro e ristrutturazione degli edifici pubblici e delle opere in essi contenute, prima che vadano irrimediabilmente perdute.

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