L'editoriale

Sulmona, al convegno anche i nodi vengono al pettine

"Porto, aeroporto, autostrada, interporto, mercato ortofrutticolo regionale, asse attrezzato, hanno soffocato il territorio in quanto raggruppati in un piccolo fazzoletto di terra".

Anche i nodi vengono al pettine: il convegno di Sulmona sul riequilibrio delle aree interne presenta luci e ombre.

 
Potrebbe sembrare un titolo sbagliato, un po’ vago. Non è così. Lo dimostreremo con precisione nel corso dell’esame della conferenza di Sulmona per l’istituzione dell’asse Tirreno Adriatico, volto a vitalizzare la Regione che, altrimenti, finirebbe nell’isolamento più profondo.

Per la prima volta dal 1971, entrata in vigore delle Regioni, abbiamo sentito parlare della valorizzazione e sviluppo delle aree interne.

Nel leggere questa notizia, vi confessiamo, di essere rimasti abbastanza sorpresi, soprattutto perché, proprio da queste colonne, abbiamo più volte denunciato che l’isolamento, meglio ancora l’abbandono, delle zone interne, avrebbe costituito nel tempo una zavorra per l’avviamento razionale del volano dell’economia regionale.

Così è nella realtà. Questo aspetto, forse, avrebbe dovuto essere evidenziato nel convegno di Sulmona.

Attraverso i vari interventi, senza volere, sono venuti a galla i nodi delle errate scelte degli anni precedenti. Sono arrivati al pettine e non riescono a passare attraverso i denti, perché in questi ultimi tempi di crisi economica generale le distanze della dentatura sono tornate alla giusta distanza e non permettono lo scorrimento dei nodi.

Nodi che in passato passavano inosservati a causa del dissesto dei pettini e, soprattutto, della disinvolta apertura mentale degli amministratori regionali.

Questi, infatti, hanno operato indossando robusti paraocchi, che hanno fatto in modo di far cadere le scelte degli investimenti produttivi soltanto verso la costa. Oggi la Regione si trova nelle condizioni di implodere proprio sulla costa a causa delle irrazionali e affollate localizzazioni operate a danno delle aree interne.

Porto, aeroporto, autostrada, interporto, mercato ortofrutticolo regionale, asse attrezzato, hanno soffocato il territorio in quanto raggruppati in un piccolo fazzoletto di terra. I regionali hanno operato con il miraggio di rendere ancora più ricchi quei territori già dotati di una economia solida rispetto alla fascia collinare e montana, provocandone l’inarrestabile decremento demografico, dovuto all’assenza o carenza dei servizi pubblici essenziali e, anche, per l’assoluta mancanza di una programmazione di sviluppo delle aree interne.

Il tema che ha caratterizzato il convegno di Sulmona ha acceso i riflettori proprio su questi nodi che non avranno soluzione rapida e risolutiva, anche perché il filo conduttore del convegno mirerebbe a rendere vitali quelle costose infrastrutture realizzate sulla costa, le cui condizioni economico finanziarie appaiono alquanto preoccupanti.

Appare quanto mai necessario ricordare che fin dal 1985 la Provincia dell’Aquila, alcuni lustri
prima del convegno di Sulmona, nella redazione del progetto intermodale del “Centro smistamento merci della Marsica”, unico all’epoca nell’Italia Centro Meridionale, aveva preso in considerazione l’area strategica delimitata dai porti di Ancona, Civitavecchia, Napoli e Ortona.

Guarda caso, il baricentro operativo e ottimale per l’insediamento di una infrastruttura intermodale veniva a cadere proprio nei pressi di Avezzano.

La Regione, che fino a quel momento aveva sonnecchiato e dedicato scarsa importanza ad una
programmazione di sviluppo ad ampio respiro, assunse un dispotico atteggiamento, espropriando la Provincia dell’Aquila non solo del progetto ma, addirittura, del finanziamento che l’Ente era riuscito ad ottenere dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Non si tratta di spiccioli, ma di ben 100 miliardi di vecchie lire. Non basta. L’aspetto riprovevole si manifestò nel momento in cui la Giunta Regionale pensò di destinare gran parte del finanziamento al centro interporto di San Valentino Scafa.

Si avventarono sulla disponibilità finanziaria, come lupi famelici, tutti gli assessori. Ognuno avrebbe voluto un interporto nel territorio di appartenenza.

Alla fine la torta fu divisa con l’accaparramento di 60 miliardi di lire per San Valentino, 20 miliardi per la Marsica, il cui impianto fu declassato a semplice autoporto, 20 miliardi per due autoporti nella costa teramana, di cui uno a Roseto.

Gli amministratori regionali si bearono di aver mortificato le aspirazioni della Provincia dell’Aquila, Le quattro strutture, però, non sono state capaci di avviarsi autonomamente all’attività produttiva.

Tre sono rimaste completamente improduttive e abbandonate all’incuria più assoluta.

Quella di San Valentino, poi, è risultata completamente decentrata rispetto ai flussi commerciali nazionali e internazionali, confluenti sui più grandi e funzionali scali marittimi della costa
tirrenica.

Inoltre, per l’interporto di San Valentino sono state impegnate risorse economiche che hanno sfiorato i 300 milioni di euro.

A tutto ciò si aggiunga la realizzazione del Mercato Ortofrutticolo Regionale, spostato da Magliano dei Marsi, in prossimità della struttura intermodale marsicana, nel territorio del Comune di Cepagatti. Anche questo impianto non respira agevolmente l’aria dei profitti economici auspicati.

Non è entrato mai a regime e rischia la chiusura, come l’interporto, per le notevoli perdite di
esercizio acculate negli anni. Uno degli ultimi Presidenti dell’amministrazione regionale aveva pensato di sistemare nei locali di questi impianti alcuni servizi della Regione per dimostrare ai cittadini l’utilità e l’effervescenza delle richiamate strutture. Errori più pesanti di quelli dei predetti investimenti.

Per fortuna il progetto sembra si sia arenato sul nascere. Sarebbe stato difficile dimostrare ai contribuenti la convivenza dello scalo merci e del mercato ortofrutticolo con gli uffici deputati alla erogazione di servizi sociali, tecnici, amministrativi e di programmazione.

Il convegno di Sulmona avrebbe dovuto fornire una completa e critica analisi degli errori commessi in passato e avrebbe dovuto prendere in considerazione almeno due PIS (piani integrati di sviluppo), uno a medio e l’altro a lungo termine.

Tutto ciò non ha costituito oggetto dei vari interventi. Perché? Perché il discorso avrebbe dovuto riguardare, solo ed esclusivamente, le aree interne se si vuole riportare in equilibrio l’intero territorio regionale e non avrebbe dovuto sottendere, ancora una volta, la confluenza di scelte economiche verso la costa.

La corretta programmazione, però, per la Regione Abruzzo rappresenta soltanto un optional. Anzi, alcuni consiglieri la considerano “condizione capestro”, in quanto non consentirebbe di effettuare manipolazioni e deviazioni trasversali durante la gestione dei vari esercizi finanziari. Ma, non è così. Una corretta e puntuale programmazione può essere anche duttile, cioè adattabile alle eventuali e possibili esigenze impreviste e imprevedibili.

Qualcuno dirà, ne siamo certi, che sarà impossibile restituire alla aree interne il maltolto. Noi diciamo, invece, che impossibile è soltanto un limite della mente dei taluni amministratori, ai quali vorremmo rivolgere un invito semplicissimo. Non perdiamo ulteriore tempo prezioso in convegni dai quali esce soltanto fumo.

Rimbocchiamoci le maniche e pensiamo ad una urgente programmazione di sviluppo a medio e lungo termine per l’intero territorio regionale e con particolare riguardo alle aree interne.

Occorre buona volontà e capacità nella mirata pianificazione e progettazione aderente alle potenzialità del territorio che ci consentano di accedere alle risorse comunitarie prima che sia troppo tardi.

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