Folklore

Valle Peligna e modi di dire, la saggezza dei popoli

I modi di dire, i proverbi e la saggezza popolare della valle peligna nell'articolo di Eraldo Guadagnoli. "Nel Centro Abruzzo ogni aspetto della nostra vita quotidiana contiene almeno un proverbio o un modo di dire".

Valle Peligna e modi di dire, la saggezza dei popoli

In un film grottesco del 1997, uscito in Italia col titolo ‘La seconda guerra civile americana’, mi aveva colpito un passaggio che ha anticipato un modus vivendi dei giorni d’oggi.

Il giornalista anziano, ben interpretato dall’attore James Earl Jones, ricordava di quando le notizie venivano pubblicate col giornale, si aveva il tempo di assorbirle nella mente e di elaborare una propria idea. Allo stesso tempo, si lamentava del fatto che la gente in quel momento non faceva a tempo a capire bene cosa fosse successo in un determinato luogo, che nell’arco di qualche ora aveva ricevuto tante notizie nuove o smentite, creando così una grande confusione nell’ascoltatore.

Sembrerà strano, ma quel film ha anticipato di quasi venti anni ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti: telegiornali ogni ora, notizie che vengono ripetute e aggiornate continuamente, gente che non capisce bene, o affatto, ciò di cui si sta parlando.

Non nascondiamoci dietro un dito e affrontiamo la triste realtà: l’avvento delle moderne piattaforme tecnologiche ha dato la possibilità anche a figure mediocri di dire la loro opinione.

Le opinioni dei nostri avi abruzzesi, seppur mascherate da espressioni dialettali, avevano un fondo di verità, basato su esperienze, osservazioni attente sul mondo circostante e sui comportamenti umani.

A tal proposito, qualche giorno fa, un tale ha detto “Sei una mezza tacca” a un altro, il quale a sua volta non sapeva bene che cosa significasse quella espressione.

I miei nonni erano giovani nel periodo tra le due guerre mondiali, e si sarebbe detto nei dintorni della Valle Peligna
“Scì ‘na mezza tacche”, con enfasi tipicamente popolare.

Essa deriva comunque da una abitudine del Medioevo, precisamente a Firenze tra il Due e il Trecento, quando fiorì il commercio delle stoffe.

L’allora sindacato degli importatori decise che le stoffe provenienti dalla Fiandra e dall’Inghilterra avessero dei segni, cioè delle ‘tacche’, che ne dovevano indicare sia il valore che la qualità.

Le stoffe migliori, infatti, avevano una tacca intera, quelle di seconda qualità ne avevano mezza. Da allora, il significato di mezza tacca indica il minor valore, trasferendo automaticamente nel linguaggio corrente il
riferimento dal tessuto anche alle persone.

Ma un modo analogo era dire, prendendo esempio dal gioco delle carte che era molto diffuso nelle cantine dei paesi che circondano tuttora Sulmona e la sua valle: “Scì agnè gliu du’ di briscule!”, (“sei come il due di briscola”, cioè vali poco); oppure, “Scì come gliu du’ di coppe, quande la briscule è dinare!”, (“sei come il due di coppe, quando la briscola è denari”, cioè non vali niente).

L’Italia è piena di modi di dire, tanto che si diceva fino a qualche tempo fa che i proverbi erano la saggezza dei popoli.

E non sbagliavano affatto, tenendo conto che questi modi di dire erano la conseguenza di lunghe osservazioni. Una di queste osservazioni era relativa all’abitudine di frequentare le cantine di cui abbiamo accennato sopra; e lasciamo immaginare la miriade di modi di dire che si è generata col tempo: “Gli anni- ra ripurtà a la case nghe la carriole!” (“devono riportarlo a casa con la carriola”); “Nin si glìtiche nghe nu ‘mbriache, ca nin po’ capì” (“non si litiga con un ubriaco, tanto non ti capisce”).

E questi sarebbero solo alcuni dei detti popolari del Centro Abruzzo, più che altro di Cansano, il paese che ha dato i natali a mio padre.

Non era molto tempo fa, ad esempio, che chiedevo a un amico di vecchia data, mentre eravamo a un ricevimento in cui i brindisi si susseguivano, se sapeva che cosa fosse ‘il bicchiere della staffa’. Lui da buon lettore mi rispose, e non sto scherzando, che era il titolo di un racconto di Stephen King. E aveva ragione: è uno dei racconti inseriti nella raccolta ‘A volte ritornano’.

Ma nel Medioevo il bicchiere della staffa era una usanza tipica di chi si apprestava a partire per una guerra o per
la caccia, e beveva quindi l’ultimo bicchier di commiato proprio mentre teneva il bicchiere nella staffa della sella. Ci
sarebbe da aprire un dibattito sulla importanza del vino nella letteratura, e con il solo Hemingway si potrebbe parlare per ore del suo rapporto con la bottiglia.

Come potete immaginare, quindi, ogni aspetto della nostra vita quotidiana contiene almeno un proverbio o un modo di dire. E questo ci deve far riflettere, se desideriamo che ciò che i nostri nonni e i nostri avi abruzzesi ci hanno trasmesso non vada perso per sempre, e tentare di tramandare una parte della nostra cultura, se non desideriamo correre il rischio di non avere una memoria.

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