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Terremoto Amatrice, un segnale dal Gran Sasso

Si va verso la scoperta di legami sempre più stretti tra la pressione delle falde acquifere ed i possibili eventi sismici, ecco la ricerca che prova a sviscerare i segreti del sottosuolo

L’acqua del Gran Sasso è cambiata cinque giorni prima del terremoto di Amatrice

Pochi giorni prima di quel tremendo 24 Agosto 2016, a 40 chilometri dall’epicentro, i fluidi del sottosuolo si sono riempiti di bolle ed hanno variato pressione prima della scossa. Stiamo parlando delle acque sotto il Gran Sasso, monitorate dai sismologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

Intervistato da Repubblica, Gaetano De Luca, ricercatore INGV, racconta di numerosissime oscillazioni verso il basso della pressione nell’acqua già dal 19 Agosto. Questo tipo di variazione nell’acqua, sia di pressione sia di temperatura, viene studiata da anni come possibile campanello d’allarme in previsione di eventi sismici. Per i ricercatori, potrebbero essere proprio i fluidi la causa di innesco dei terremoti, risalendo dal profondo e cercando di insinuarsi tra le crepe e le fratture del mantello terrestre.

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Le acque che hanno segnalato la presenza di alterazioni di pressione sono quelle del pozzo del Gran Sasso scavato per 190 metri negli anni ’80, proprio di fianco ai laboratori di fisica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Il tunnel è chiamato S13 e contiene 3mila litri d’acqua ad una pressione di 26 bar.

Ci si avvicina alla possibile previsione dei terremoti?

Dal 2009 si studia lo stato delle falde acquifere del Gran Sasso ed il monitoraggio è continuo. Applicando i giusti metodi statistici ai dati rilevati dai ricercatori, si possono ipotizzare le relazioni tra sbalzi di pressione, temperatura e conducibilità elettrica e gli eventi sismici.

I ricercatori dell’INGV Gaetano De Luca, Giuseppe Di Carlo e Marco Tallini hanno pubblicato il loro studio su Scientific Reports.

 

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