Scienza e ambiente

Laboratori, altri 4 incidenti sconosciuti

Mobilitazione per Acqua denuncia 4 incidenti non noti ai Laboratori, tra cui un incendio di cui nemmeno i vigili del fuoco sapevano nulla.

Quattro nuovi incidenti nei Laboratori di Fisica Nucleare non noti al pubblico denunciati dalla Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso.

«Quattro incidenti avvenuti nei laboratori del Gran Sasso – scrivono dall’associazione – si aggiungono ai tre già noti al pubblico grazie all’attività di inchiesta svolta dalla Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso. L’ultimo, un incendio dell’1 giugno 2016 che ha portato a ritardare di mesi un esperimento, non era noto neanche ai vigili del fuoco, nonostante i Laboratori, un impianto sotterraneo con enormi problemi di sicurezza, siano classificati ufficialmente “a rischio di incidente rilevante” stoccando 2.200 tonnellate di sostanze pericolose infiammabili. Ieri a Teramo in un incontro pubblico sono stati presentati tutti i documenti emersi durante laboriosi e difficoltosi accessi agli atti presso tutti gli enti a vario titolo coinvolti e informazioni desunte dai documenti dei ricercatori stessi».

L’attività dei laboratori e l’acqua potabile per 700mila persone.

«Il capitolo incidenti – scrivono dall’associazione – è solo uno dei tanti della storia ma uno dei più significativi, visto che stiamo parlando, come detto, di un impianto in sotterraneo classificato “a rischio di incidente rilevante” in base alla Direttiva Seveso a causa della presenza di 1.000 tonnellate di acqua ragia nell’esperimento LVD e 1.292 tonnellate di trimetilbenzene nell’esperimento Borexino. Molti altri esperimenti, invece, non usano sostanze così pericolose. Il tutto posizionato nella riserva d’acqua più importante del centro Italia che rifornisce 700.000 persone di acqua potabile. Ad aggravare il quadro ricordiamo che una legge vietava lo stoccaggio di queste sostanze nei pressi delle captazioni fin dal 1988 (D.lgs.236/1988), per cui l’accumulo di queste sostanze è avvenuto contra legem e in maniera irregolare. Inoltre una norma del 1999 (D.P.R.152/1999), ribadita dall’Art.94 del Testo Unico dell’Ambiente (D.lgs.152/2006), imponeva anche l’allontanamento di queste sostanze. Anche questo obbligo non è rispettato. Le carte per gli anni ’90 del secolo scorso raccontano di un incendio nel 1996 e di due fuoriuscite massive di sostanze dal sistema anti-incendio nel 1992 e nel 1999. Questi eventi provocarono grande preoccupazione negli enti pubblici per la sicurezza dei laboratori (la questione acqua non sembrava esistere…), come si evince dal tenore delle lettere di prefetto, vigili del fuoco, INFN. Poi ci sono stati gli incidenti noti, i due nel 2002, in particolare quello del 16 agosto 2002 con lo sversamento di trimetilbenzene nel fiume Mavone che poi portò al sequestro dei laboratori nel 2003 per il mancato rispetto proprio delle norme di sicurezza (tra l’altro anche della direttiva Seveso) e l’incidente con il diclorometano dell’agosto 2016, emerso peraltro quattro mesi dopo solo per caso ed indirettamente per un improvvido comunicato della regione Abruzzo. Ora sappiamo che l’1 giugno 2016 si è verificato un incendio nel tunnel di collegamento tra sala A e sala B dei Laboratori (area ex Bam) ad un’unità di condizionamento che ha portato al rinvio di un esperimento per mesi e all’attivazione di assicurazioni. La “scoperta” in questo caso è avvenuta grazie al lavoro d’inchiesta della Mobilitazione che ha passato in rassegna centinaia di documenti dei ricercatori. Due presentazioni, una dei referee degli esperimenti e una di un ricercatore coinvolto nell’esperimento News, hanno permesso di evidenziare l’evento. A quel punto abbiamo chiesto ai Vigili del Fuoco di Teramo e L’Aquila i documenti sul loro intervento e su eventuali rapporti e relazioni. Ci hanno risposto ufficialmente che non ne sapevano nulla. Quanto accaduto è di gravità inaudita. In primo luogo non sappiamo le conseguenze dei fumi sprigionatisi sull’acqua. In secondo luogo è inaccettabile che i gestori di un impianto a rischio di incidente rilevante che ospita in sotterraneo 2.200 tonnellate di sostanze pericolose e infiammabili non segnalino immediatamente alle autorità preposte un evento di questo genere. Tra l’altro gli eventi incidentali già avvenuti devono essere obbligatoriamente analizzati dagli enti pubblici proprio nell’ambito della pianificazione della prevenzione degli incidenti. Certo fa riflettere che tutto ciò sia avvenuto in una situazione di quasi completa irregolarità per quanto riguarda il rispetto della Direttiva Seveso sulla prevenzione degli incidenti industriali rilevanti, visto che nel 2016 i Laboratori non avevano neanche il Rapporto di Sicurezza approvato (e non lo avevano ancora almeno fino a gennaio 2018) e il Piano di Emergenza Esterno per i cittadini era scaduto da 5 anni! La Mobilitazione ribadisce la necessità di un’operazione trasparenza da parte di tutti gli enti pubblici e richiama l’obbligo di legge di allontanare quelle 2.200 tonnellate di sostanze pericolose stoccate irregolarmente nei laboratori. In questo modo i Laboratori uscirebbero dagli obblighi della Direttiva Seveso con ovvie ripercussioni positive sulla sicurezza del sistema Gran Sasso venendo meno il rischio più importante».

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