L'aquila

San Pietro Celestino torna a Collemaggio

L’opera, scomparsa ormai da molti anni dalla sacrestia che la ospitava, è stata recuperata a seguito i una complessa attività investigativa condotta dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, nell’ambito di un’indagine coordinata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila, Simonetta Ciccarelli.

Torna in Basilica il dipinto di San Pietro Celestino recuperato dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale.

Questo pomeriggio, nella Basilica di Collemaggio, il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, e la Soprintendente Archeologia, Belle Arti e paesaggio per L’Aquila e il cratere Alessandra Vittorini, hanno effettuato la formale restituzione alla comunità aquilana del dipinto raffigurante San Pietro Celestino in veste papale.

L’opera, scomparsa ormai da molti anni dalla sacrestia che la ospitava, è stata recuperata a seguito i una complessa attività investigativa condotta dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, nell’ambito di un’indagine coordinata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila, Simonetta Ciccarelli.

Il dipinto, un olio su tela di cm. 88×61, rappresenta S. Pietro Celestino, leggermente di scorcio, in abiti pontificali, con camice bianco, stola, sontuoso piviale in seta e triregno a tre ordini di corone impreziosite da gemme.

Fra gli attributi che lo contraddistinguono figura anche la ferula (bastone pastorale) dotata di tripla croce, simbolo in origine del potere temporale, utilizzata in seguito nella liturgia papale per l’apertura della Porta Santa.

La mano destra è protesa nell’atto di benedire, mentre la sinistra è impegnata a sostenere il modellino della città dell’Aquila, in cui è ben riconoscibile Porta Bazzano, varco obbligato per i fedeli intenzionati a raggiungere la basilica extra muraria di S. Maria di Collemaggio, teatro dell’incoronazione di Celestino V e deposito delle sue spoglie.

Palesemente ispirato alla serie dei quattro santi Protettori custodita nel Museo Nazionale d’Abruzzo, di indiscussa attribuzione a Giulio Cesare Bedeschini al pari dell’altra serie ospitata nella cattedrale dell’Aquila, nonché alle repliche presenti nelle principali chiese cittadine, il dipinto, databile ai primi decenni del XVIII secolo, si distingue tuttavia dalla prolifica produzione superstite per alcune significative varianti iconografiche e compositive, che inducono a considerarlo come prodotto autonomo.

Esposto in Basilica prima del discusso ripristino degli anni Settanta ad opera di Mario Moretti, fu poi ricoverato nell’adiacente ala conventuale.

Riscattato da un lungo abbandono e perfettamente risanato con un accurato intervento di restauro in occasione del Giubileo del 2000, trovò ubicazione nell’austera sacrestia.

Il riconoscimento dell’opera, essenziale ai fini della successiva restituzione, è stato possibile grazie alla Dottoressa Biancamaria Colasacco, Storica d’Arte della Soprintendenza, che ne ha certificato l’autenticità e la provenienza.

Dopo l’importante recupero da parte dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, il dipinto è tornato a Collemaggio, per essere accolto in un ambiente intimo, architettonicamente raffinato, individuato nell’anticamera della straordinaria Cappella dell’Abate, in cui sarà possibile apprezzarne a pieno la valenza artistica e devozionale.

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