Storie

Shabeer, un pakistano da 110 e lode

di Diego Renzi

Si chiama Shabeer Ahmad, ha venticinque anni, è pakistano. Vive a L’Aquila dal 2010.

Oggi per lui è un grande giorno: è tra i primissimi stranieri in Italia ad essersi laureato in Ingegneria Automatica con 110 e lode.

Al suo corso gli studenti sono una decina: una borsa di studio dietro l’altra, Shabeer si è presentato davanti la commissione con una media di 29,2, cifra altissima per uno percorso di studi così complesso. “Diversi tipi di protocolli di rete”, è il titolo della tesi che ha presentato questa mattina a Coppito 1 con il relatore Fabio Graziosi.

Figlio di un imprenditore e di una casalinga in un paesino vicino Islamabad, sin da piccolo aveva un obiettivo: diventare un ingegnere e scoprire il mondo. Il suo sogno si è avverato.

Shabeer ama questa città:

“L’Aquila è una città universitaria, l’Ateneo aquilano ha un livello riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Dell’Aquila ho bellissimi ricordi che conservo in me e che porterò con me ovunque andrò. Io vivo senza rimpianti: qualsiasi scelta che ho fatto nel passato in questa città, la rifarei anche adesso. Mi piace stare qua. Una cosa che apprezzo tanto è che dopo le difficoltà che ci sono state e i danni del terremoto, l’Ateneo aquilano è riuscito a garantire tutti i servizi. A L’Aquila si studia e ci si diverte e in più si lavora”.

Sorride, Shabeer, e ci tiene a sottolineare che lui è riuscito ad integrarsi perfettamente nella cultura italiana, nonostante il mondo dal quale proviene sia molto diverso dal nostro: ha tantissimi amici, è stato persino votato come rappresentante degli studenti nel suo dipartimento. “Mi sono integrato molto bene nell’ambiente e nella cultura italiana. Non so se devo ringraziare me stesso o gli amici italiani”, dice scherzando.

Appena arrivato in Italia, il giovane pakistano si è immatricolato nella facoltà di Ingegneria Elettronica, guadagnandosi da vivere come interprete di lingue orientali per Arci, associazione che, tra le altre cose, si occupa dell’accoglienza dei rifugiati.

Laureatosi nel 2014, Shabeer si è subito iscritto alla specialistica di Ingegneria Automatica: “Ci occupiamo di controllare l’efficienza e la sicurezza dei sistemi”, mi spiega.

Nel 2016 è stato selezionato come studente meritevole nel “Research Exchange Programme”, un progetto di scambio con l’Università di Tokyo: ogni anno due studenti dell’Aquila vengono ospitati per sei mesi in Giappone e viceversa. Qui Shabeer ha avuto l’opportunità di lavorare per la multinazionale Toshiba, che gli ha anche offerto un lavoro. Tuttavia lui preferisce L’Aquila a Tokyo: “Il Giappone è un ambiente bellissimo per lavorare, non per vivere. Loro sanno solo lavorare, non esiste vita sociale”.

“L’Ateneo aquilano permette a tutti gli studenti e ricercatori di allenarsi a livello nazionale e internazionale”, dice Shabeer. “Parlo del mio Dipartimento: una volta che esci da questo percorso didattico, sei un leone”.

Non sa cosa farà adesso che è laureato: valuterà qualche offerta di lavoro e deciderà. Tra le opzioni c’è anche un dottorato di ricerca all’Università dell’Aquila.

La nostra chiacchierata nel polo universitario di Coppito 1 sta per terminare. Shabeer ci tiene a spendere altre due parole per chi gli è stato vicino in questi anni: “Prima di iniziare un’altra carriera universitaria o un nuovo lavoro, mi sento di dover ringraziare tutti i professori, soprattutto dell’Ateneo aquilano, che mi hanno sostenuto per tutto il percorso. Voglio ringraziare il professor Costanzo Manes, Pierdomenico Pepe, Fabio Graziosi e tutti i miei amici, specialmente la dottoressa di Popoli”.

In bocca al lupo, Shabeer Ahmad.