Crudelta'

Uccide il cagnolino buttandolo dal balcone

A soli 3 mesi ha pagato con la vita un litigio condominiale: un cagnolino è stato buttato giù dal balcone di una abitazione di Alba Adriatica.

Il crudele e terribile gesto è stato compiuto dal compagno della proprietaria dell’animale, che è stato poi denunciato.

Stando a quanto ricostruito, il vicino del piano di sotto si era lamentato che i bisogni del cagnolino cadevano sul suo balcone. Ne è nata quindi una lite terminata nel peggiore dei modi: il convivente e compagno della proprietaria del cane ha preso il cucciolo e lo ha scaraventato giù dal balcone, da un’altezza di quasi 10 metri.

Alla scena hanno assistito diverse persone che si sono precipitate a soccorrere l’animale e lo hanno portato immediatamente dal veterinario, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare e il piccolo è morto.

L’uomo è stato quindi denunciato per uccisione di animale ai sensi dell’art. 544-bis del codice penale che recita “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.

“Queste storie sono strazianti e preoccupanti”, commenta Piera Rosati – Presidente LNDC. “Sono l’indice di un momento storico in cui si è perso ogni senso di umanità e responsabilità. Questa povera creatura ha pagato con la vita per la cattiveria di un uomo che evidentemente usa la violenza per risolvere i conflitti. Queste persone rappresentano un pericolo a 360 gradi e vanno fermate”.

La Lega Nazionale per la difesa del Cane sporge denuncia a sua volta e si costituirà parte civile nel procedimento penale che verrà istruito a carico dell’uomo, in modo da avere voce in capitolo e chiedere una condanna esemplare pur sapendo che le pene attualmente previste non sono sufficienti a garantire una giusta punizione.

“Continueremo a batterci affinché il codice penale venga modificato e le pene per i reati contro gli animali vengano inasprite in modo adeguato. Un crimine di tale crudeltà non può e non deve rimanere impunito, quindi auspico che la legge comprenda in fretta che il dolore di un animale è identico a quello di un uomo, con tutte le aggravanti del caso. Non è concepibile che chi ancora pensa di poter fare di queste creature quel che più gli fa comodo non ne paghi le conseguenze. Nel caso in questione, tra l’altro, il responsabile, oltre a rispondere per il reato di cui all’ art. 544 bis c.p., dovrà vedersi contestata l’aggravante dei motivi abbietti o futili”, conclude Rosati.