Terremoto

Scossa 2.3, il mistero degli studenti evacuati

Alle ore 17:53 di un normale pomeriggio sismico aquilano viene avvertita una scossa di terremoto 2.3 con epicentro L’Aquila, zona Nord Ovest della Città, profondità 11 chilometri.

Inaspettatamente la scossa provoca l’evacuazione degli studenti del Cotugno che stavano trascorrendo il loro primo sabato pomeriggio sui banchi.

Una strana articolazione di eventi, il cui risultato è stato avere circa 1200 studenti in strada alle 18 di un sabato sera qualunque. I ragazzi intervistati dal Capoluogo testimoniano di non aver sentito la scossa e di aver avuto la sensazione di una comunicazione dall’esterno che abbia allertato il personale di servizio. Il risultato è stato che i ragazzi sono usciti in anticipo rispetto alla fine programmata delle lezioni.

Reazioni opposte sui social, dalla rabbia di molti genitori, allo sgomento di gran parte della popolazione di fronte all’evacuazione di una scuola per una scossa di magnitudo così bassa.

Una verità spicca su tutte le posizioni. Lo sciame sismico, che sta accerchiando L’Aquila e snervando i suoi residenti con particolare accanimento negli ultimi mesi, continua a far saltare dalle sedie gli aquilani, che, pur essendo ormai veri esperti nel riconoscere l’intensità della magnitudo, hanno necessità di attendere il termine della scossa per sapere quale sia la reale magnitudo di ogni singolo evento sismico.

Questo ci fa comprendere il goffo tentativo di mascherare l’avvenimento di ieri pomeriggio con una malcelata prova di evacuazione. Da una sommaria ricostruzione fatta con alcuni studenti è risultato che dei bidelli, sentendo la scossa o ricevendo una telefonata d’allarme, siano passati in alcune classi; le abbiano fatte evacuare ed abbiano creato il flusso cui si sono accodate le altre classi, vedendo uscire i primi.

Gli studenti del Liceo Cotugno, costretti a questa anomala alternanza con i ragazzi delle industriali, stentano ad abituarsi alla temporanea soluzione che, anche se per breve tempo, stravolge le loro vite in modo sostanziale. Ieri, infatti, hanno trascorso il loro primo sabato pomeriggio sui banchi di scuola, mentre gli amici degli altri istituti passeggiavano sotto i portici di San Bernardino come tutti i sabato pomeriggio. Alcuni genitori hanno proposto di portare le lezioni a 50 minuti e di articolarle su 5 giorni settimanali, evitando i corsi il sabato, fintanto che saranno costretti a frequentare nel pomeriggio.

Non trascurabile la polemica nata intorno alla scelta dell’istituto. Se gli studenti fossero stati trasferiti nei MUSP delle scuole medie, non ci sarebbe stato il panico ad ogni minima scossa.

La convivenza con lo sciame sismico è, poi, l’ultimo elemento di riflessione sottolineato dai più attenti cibernauti aquilani.

Dopo otto anni dal terremoto che ha distrutto L’Aquila, TUTTI ci saremmo aspettati di vivere nella città più sicura d’Italia. La città distrutta dal terremoto e, per questo, ricostruita con criteri antisismici inconfutabili. A distanza di 8 anni si viene a capire che le case private sono state ricostruite con indici di vulnerabilità pari al 60%, quelle abbattute e ricostruite vantano indici pari all’80% e, infine, quelle ricostruite con gli isolatori sismici assicurano il 100% di sicurezza sismica. Gli edifici pubblici riconsegnati alla città sono stati genericamente rattoppati senza miglioramenti anti sismici e, infine, abbiamo capito che i criteri di valutazione degli indici di vulnerabilità sono estremamente soggettivi e che le norme di edificazione antisismica sono state modificate in corso d’opera.

Ne consegue il disordine più totale in cui brancolano gli aquilani.

di RobGal

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