Politica

Vecchi vizi riemergono, nulla di nuovo a L’Aquila

di Piero Carducci*

Consultazioni primarie “vere”, per selezionare il candidato Sindaco del Capoluogo d’Abruzzo,  sarebbero  buona cosa.  Il condizionale è d’obbligo, dato che la dilettantesca gestione fatta dai partiti è sempre riuscita, in passato,  a rovinare questo potente strumento, tipico delle democrazie mature anglosassoni,  di selezione della nuova classe dirigente e di governo. Una delle regole fondamentali del test primario, infatti, è che la consultazione deve tenersi molto in anticipo rispetto alle elezioni vere e proprie, almeno sei mesi prima, e questo per diversi motivi.
Le primarie, è insito nella loro natura, se sono “vere”  lasciano sempre uno strascico conflittuale e di forti malumori personali tra i candidati contrapposti,  che richiedono faticose mediazioni e tempi fisiologici per ricomporsi (wash the blood from the floors, alla lettera “lavare il sangue dai pavimenti”).  In secondo luogo,  il candidato prescelto deve avere il tempo necessario per organizzare liste ed alleanze, perseguendo una strategia di allargamento dell’area della ristretta “fazione” che lo ha votato in occasione del test. Le primarie, inoltre, hanno un senso soltanto se riescono a coinvolgere “stakeholder” estranei alla politica,  come esponenti della società civile e delle categorie produttive, ovvero un insieme di elettori ben più ampio del movimento/partito di appartenenza del candidato al test, e questo richiede i tempi giusti per tenere una vera e propria campagna elettorale, con dibattiti, incontri e scontri tra i vari candidati.
Le primarie aquilane, seppure partite alle volte con nobili intenti, si sono sempre trasformate in una vera e propria beffa.  La pantomima è sempre la stessa: dopo mesi passati a discutere, sia nel centrodestra che nel centrosinistra, se farle o no, se come farle, se aperte o se chiuse, se di partito o di coalizione, di sotto e di sopra, si è sempre giunti  a ridosso della fatidica data di presentazione delle liste.  Questo è accaduto alle elezioni regionali ed ancor prima alle elezioni comunali del 2012, allorché a fine febbraio si stava ancora discutendo delle regole primarie (ed a fine marzo andavano pubblicate in Tribunale liste e candidati, con le dovute regolari firme). E lo stesso accadrà per le amministrative 2017, almeno per il centrosinistra, dato che le primarie PD si terranno a fine gennaio e quelle di coalizione un mese dopo.
Ancora una volta si prefigurano primarie troppo  vicine alle elezioni, e la cosa non ha alcun senso, anzi è controproducente.  Nel centrosinistra, così stando le cose,  pare che le primarie vengano invocate non per farle, ma per costringere Giovanni Lolli a scendere in campo suo malgrado.  Nel centrodestra il disastro combinato nel 2012  dovrebbe aver insegnato qualcosa, almeno si spera. Singoli elementi del Pdl, allora,  insistettero con le primarie per eludere la questione vera: come aiutare a vincere le elezioni un candidato forte ed autorevole come Giorgio De Matteis e come dare un buon Sindaco alla città diruta (condannata dalla scellerata scelta di una parte del Pdl di allora ad altri cinque anni di Cialente).  Era ovvio che per le primarie del centrodestra non c’era più tempo, lo diceva il calendario, lo confermava il buon senso.  Insistere aveva il solo scopo, voluto o non voluto, di indebolire De Matteis e spianare la strada al Cialente-bis.
Con questo nostro ragionamento vogliamo solo dire che le primarie sono  una cosa buona, ma non devono essere utilizzate per altri fini,  si devono fare nei tempi giusti e nel clima giusto di cooperazione competitiva, non già nel contesto di scontro al fulmicotone che caratterizza l’attuale fase politica.
A maggio 2017 si vota. Ma come si fa a  fare buone liste senza aver definito prima i programmi e le alleanze?  Con quale autorevolezza si definiscono le alleanze con altri soggetti del mondo civile senza il candidato Sindaco, che dovrebbe essere il vincitore di primarie delle quali non si conoscono neppure la formula e le regole?
Per cortesia, questa volta almeno risparmiateci le primarie “foglia di fico” di scelte calate dall’alto e frutto di decisioni assunte nelle segrete stanze.  Pensiamo piuttosto tutti insieme a come dare alla nostra città un Sindaco degno e capace, per il difficile periodo della non ancora risolta ricostruzione fisica e della non affrontata riedificazione morale della Città.
A fronte di queste sfide, l’attuale dibattito sulle “primarie di sotto e di sopra” appare semplicemente comico, se non fosse tragico.
*economista
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