La riflessione

L’Erasmus oltre la Brexit, sogni da studente

Sono uno degli ultimi studenti nella storia europea ad aver fatto l’Erasmus in Gran Bretagna. E pensare che credevo di essere solo tra i primi di una interminabile serie, pensare che ho sponsorizzato questa esperienza ai miei coetanei, ho incoraggiato gli amici a fare domanda, a girare l’Europa. Finché un bel giorno non è arrivata la Brexit.

Ma perchè ho l’amaro in bocca in questi giorni? Per le ricadute finanziarie? Per la svalutazione della sterlina? Per Milano che ha chiuso a -12%? No, non sono esperto di economia e finanza e lo scenario che si sta delineando in queste ore sorprende perfino gli stessi economisti.

Ho l’amaro in bocca perché sento adesso una specie di barriera tra me e i miei fratelli britannici. Giovani che sognano e hanno paura come me. Che sognano l’Italia come io sogno l’Inghilterra. Da quando ho scoperto quel ‘mondo’, ero sicuro di me: “se non dovessi star più bene in Italia me ne vado in Gran Bretagna” continuo a pensare da un anno a questa parte. E questa possibilità dava una grande sicurezza a tanti giovani italiani come me che devono ritagliarsi un lavoro in un’Italia che non è più quella del boom economico.

Percepisco la Brexit come un rifiuto, uno schiaffo, che non arriva però dai miei amici ma dagli ultra sessantacinquenni, molti dei quali pensionati, che non hanno ora il bisogno o il desiderio di spostarsi. E uno schiaffo all’internazionalizzazione, al progresso, alla civiltà, alle differenze.

Certo, la Brexit non è la fine del mondo. Sarà più difficile per i meno abbienti poter studiare nel Regno Unito, ma la Brexit non impedirà a tanti giovani di continuare a viaggiare, a scoprire, a sognare.

Io credo in un’Europa diversa (su questo il referendum inglese ha lanciato un importante messaggio) ma unita, un’Europa che controlla ma senza barriere, un’Europa consapevole e non timorosa, l’Europa dei giovani che abbandonino quei sentimenti nazionalisti frutto di guerre e scontri, l’Europa delle diversità e dell’uguaglianza, l’Europa in cui ci si confronti per migliorare insieme. E come me, tutti i miei amici inglesi con cui ho parlato in questi giorni, sognano l’apertura all’alterità.

E’ proprio questo uno dei valori più belli che l’esperienza da studente all’estero mi ha lasciato: perché anche se mangi la pizza con ananas e ketchup alle 5 di pomeriggio hai le stesse speranze e le stesse paure che ho io, che mangio pasta alle 8 di sera. Ma, parafrasando una famosa canzone, “c’è che ormai che ho imparato a sognare, non smetterò”. Io ho vissuto l’Europa.

Il 24 giugno ho appreso la notizia dell’esito del referendum con un messaggio che ho ricevuto da Londra alle 5:30 di mattina sul mio cellulare, scritto in inglese; recita così: “Mi dispiace tanto… Ma puoi comunque sposarmi e venire a vivere qui”.

Il cuore oltre la Brexit.