Mattarella a l'aquila

Un futuro da scrivere

di Ilaria Carosi

Qualcuno crede che tutti veniamo al mondo con un destino. Qualcosa di trascritto e predeterminato che troverà il modo di compiersi, al di là di noi. Altri credono nel sacro potere del libero arbitrio, ci autodeterminiamo sempre, scegliendo.

Anche se… non scegliamo noi dove aprire gli occhi, non siamo noi a decidere di nascere, né dove. Né in quali condizioni economiche, sociali, culturali e familiari. mattarella l'aquila università4

Tuttavia, dal momento della nascita in poi ci piace crederlo, qualcuno ci aiuta a credere di poter scegliere varie cose nella vita, soprattutto la nostra strada.  mattarella l'aquila università3

Arriva per tutti un momento, in genere già nell’infanzia, in cui gli adulti lo vogliono sapere con una certa insistenza e chiedono: “che vuoi fare da grande?”.

E tu le idee chiare non sempre le hai, però fai finta di sì e a quella domanda rispondi, rispondi sempre.

E le risposte fanno spesso sorridere, i grandi lo sanno, probabilmente interrogano i piccoli proprio per questo motivo. E poi ridono. Anche se dai una risposta seria e sei già convinto, loro ridono. Pensateci.

Di certo, in un qualche intervallo spazio-temporale, qualcuno ha riso pure di loro e questo può bastare a risarcirci per quella presa in giro che, chissà da quanto, si tramanda.

mattarella l'aquila università2Poi, a un certo punto decidi, scegli cosa ti piacerebbe fare o diventare e per alcuni, quel momento coincide con la scelta dell’università e l’inizio di una carriera accademica che non sempre termina con il conseguimento della laurea.

Chissà cosa avranno risposto alla domanda i nostri giovani maestri, i brillanti ricercatori che oggi, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, hanno contribuito all’Inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università degli Studi dell’Aquila.

Chissà quando Riccardo Paone, Valentina Innocenzi, Simone Fagioli, Soheila Raysi, e Alfonso Forgione hanno deciso di diventare un biotecnologo, un ingegnere chimico, un matematico, una neurochirurga e un archeologo. E chissà se mai avrebbero potuto immaginare, da bambini, di parlare un giorno al cospetto del Presidente della Repubblica Italiana.

mattarella l'aquila università cialente inverardi

Un giorno che incastoneranno tra i ricordi più emozionanti della loro vita e della loro carriera accademica e professionale.

Si sono preparati moltissimo per non deludere le aspettative e hanno fatto centro, catturando l’attenzione e gli applausi spontanei di una platea cui era stato esplicitamente chiesto di non battere le mani. Anche il Presidente, invece, li ha applauditi ed è probabilmente grazie a loro che ha deciso di rompere il cerimoniale e prendere la parola, rispondendo anche ad alcune sollecitazioni indotte in lui dal discorso della Rettrice Paola Inverardi, desideroso di fare i suoi personalissimi “auguri”.

È esattamente quello di cui hanno bisogno L’Aquila, il Paese, l’Università e le nostre menti giovani e brillanti. L’augurio rintracciabile nelle parole di una rettrice che incita a diventare capaci di “pensiero nuovo” e “creatività”, l’augurio di mettere in condizione i giovani di “intraprendere iniziative” e scegliere il loro percorso, in patria oppure no. Non sempre si può scegliere davvero. Siamo indietro, rispetto all’Europa. I nostri pari lì arrivano ad occupare posti di rilievo e prestigio ben prima di noi. In Italia è dura, ve lo dimostri il fatto che è la prima volta in cui la consueta lectio magistralis cede il posto d’onore a delle lectio di giovani maestri.

Chi, come me, li ha seguiti da vicino, anche al di fuori del contesto accademico, sapeva già che avrebbero onorato in pieno la fiducia riposta in loro. La differenza non la faceva la preparazione o l’accuratezza scientifica sita nei loro apprezzabili contributi, bensì la passione, quella che ho colto nei loro occhi ogni qual volta li ho sentiti parlare del loro lavoro, con un candore fanciullesco, non ancora corroso dalle asperità della vita e di un percorso ancora lungo, complicato e gravato dalla precarietà, in questo paese.

Quello che a volte non lascia altra scelta che recarsi all’estero, come ha fatto Valeria Solesin, la dottoranda rimasta vittima dei drammatici attentati parigini del fine settimana scorso. Si è parlato di lei anche come “cervello in fuga”, quel che è indubbio è che è una persona che mancherà all’Italia, come la madre con grande dignità ha voluto ricordare.

Dovremmo riflettere. Cambiare tanto in questo paese. Consentire a tutti di realizzare i propri desideri di bambino o di maturità. Prenderci cura di noi. Dei nostri giovani. Del nostro futuro. Che scegliamo e scriviamo. A partire esattamente da ora.

 

*Psicologa e Psicoterapeuta