Cronaca

Abruzzo: crocevia per spaccio e prostituzione

«L'Abruzzo non è immune dalla droga, che circola e si introduce nel territorio con facilità, nonostante gli sforzi degli investigatori per arginare il fenomeno. Come per il passato, gruppi di locali, molto spesso di origine nomade, si dedicano a questo commercio, spesso in cooperazione con qualificati clan della camorra, e nel reimpiego dei proventi nell'acquisto di esercizi commerciali, immobili o in attività di natura usuraria».

Così il sostituto procuratore nazionale antimafia, Olga Capasso, nella sua relazione annuale (giugno 2012 luglio 2013) nella quale dedica un capitolo al traffico di sostanze stupefacenti in Abruzzo.

«La regione continua a caratterizzarsi per la peculiare presenza di alcune famiglie di etnia rom, stabilmente insediate lungo la fascia costiera pescarese e teramana, maggiormente attive nel settore del narcotraffico, Le famiglie degli Spinelli e dei Bevilacqua - osserva il magistrato - sono tra le più attive, come dimostrano le attuali indagini per traffico di stupefacenti che le vedono ancora protagoniste».

«La droga - stando a quanto accertato dalla Dia - proviene principalmente dalla Campania, incrementando le attività della delinquenza locale che provvede allo spaccio al minuto, con un progressivo allargamento di orizzonti. Invero da qualche anno si sono radicati in Abruzzo dei gruppi di extracomunitari particolarmente propensi a delinquere nei più svariati campi. Accanto agli albanesi e ai romeni, ancora presenti sia nello sfruttamento della prostituzione che nel commercio della droga - osserva Olga Capasso - troviamo sempre più spesso nei procedimenti istruiti dalla Procura Distrettuale di L'Aquila dei gruppi di nigeriani e dominicani, solo da poco tempo comparsi ad operare sul territorio abruzzese».

«I nigeriani negli anni scorsi avevano formato delle cellule criminali dedite alla tratta e alla riduzione in schiavitù di loro connazionali, cellule prontamente individuate e stroncate sul nascere da diverse operazioni delle forze dell'ordine».

«Di qui uno spostamento degli interessi dei clan criminali nigeriani verso un altro settore, quello appunto degli stupefacenti. Dove operano in sintonia con italiani ed albanesi residenti in Abruzzo, a dimostrazione del loro radicamento sul territorio e dell'interscambio con la criminalità locale. Come sfruttatori della prostituzione invece agivano in gruppi composti esclusivamente da uomini della stessa origine etnica. Questa facilità di aggregazione di diverse etnie criminali si ritrova in alcuni procedimenti in cui dei nigeriani, che si riforniscono nel casertano di eroina e cocaina, la vendono a degli albanesi, i quali a loro volta la rivendono ad abruzzesi per lo spaccio al minuto; o anche nel procedimento in cui albanesi e nigeriani si alleano per trasportare droga dalla Campania - un indagato, secondo le dichiarazioni di alcuni collaboratori del clan Di Lauro di Scampia passati con gli scissionisti del clan Amato Pagano, sarebbe stato inserito nella loro stessa famiglia; o ancora nei procedimenti in cui dei criminali locali utilizzano come corrieri per l'importazione di cocaina dalla Spagna dei dominicani, ormai presenti in buon numero sul territorio abruzzese; o ancora nei procedimenti dove ritroviamo napoletani e abruzzesi alleati per spacciare haschich e pastiglie di ecstasy; e infine nei procedimenti in cui nel traffico di stupefacenti troviamo affiancati abruzzesi ed albanesi».

«In sostanza - si legge nella relazione - i delinquenti comuni abruzzesi che si dedicano al commercio della droga, oltre ad allearsi con i nordafricani per importare cocaina ed haschich dal Marocco, e con albanesi per commerciare in Abruzzo cocaina stanziata a Modena (indagine conclusasi con ordinanza di custodia cautelare nelgennaio 2013 nei confronti di 13 persone) etnie presenti da tempo sul territorio abruzzese e specializzate in questo tipo di reati, hanno trovato, e questa e' cosa relativamente recente, alleati preziosi nei nigeriani e nei dominicani presenti in nuclei rilevanti».

«La regione Abruzzo continua ad essere mercato appetibile per i trafficanti di droga e non si prevedono mutamenti per il prossimo futuro. Anzi lo spettro d'azione, circoscritto fino ad alcuni anni fa agli albanesi e ai romeni, con l'immancabile apporto dato dai nomadi stanziali per lo smercio al minuto, si è allargato ad altre etnie con il diffondersi nell'Europa occidentale di cittadini del terzo mondo, provenienti dall'Africa - tunisini, marocchini e nigeriani - e dall'America latina - dominicani».

«Questo - spiega il magistrato inquirente - ha facilitato il flusso delle droghe anche in terre, come l'Abruzzo, un tempo più isolate dal resto del paese e non invase da una criminalità autoctona, sia perché questi stranieri hanno contatti diretti con i loro paesi d'origine e sanno meglio come e dove approvvigionarsi, sia perché si adattano a compiti che gli italiani non farebbero mai, come il trasporto della cocaina nel proprio corpo. Altro fattore che fa prevedere ulteriori impennate del mercato è la vicinanza della regione alla Campania, e quindi alla camorra, che facilita il trasporto della droga in Abruzzo e trova fertile terreno nella delinquenza locale e nelle famiglie rom disposte a partecipare a quegli affari. Ormai - sottoline ala relazione della Dia - cellule mafiose, sotto forma di 'ndrine e clan secessionisti si sono formate in Abruzzo, per contingenze varie, e hanno impiantato le loro attività nel territorio. Ci si riferisce al clan Ferrazzo, agli scissionisti del clan Vollaro come quello del camorrista Lorenzo Cozzolino, al procedimento che vede un camorrista tra gli indagati».

Tuttavia il sostituto Olga Capasso ritiene che i clan non sono molti «per poter dire che la mafia ha trovato il suo terreno in Abruzzo».