Attualità

La magia della Domenica

di Gioia Chiostri

La domenica è un giorno da divano. Da cuscini ricamati. Da caffè dopo pranzo che dura un’ora. La domenica è sempre stato il giorno del Sole (oggi più che mai). Delle passeggiate tra i fiori di campagna. Della torta della nonna. La domenica è il giorno degli affetti, durante il quale si accende la lampadina della mente e ci si ricorda di quella zia che non si vede da un milione di anni (e magari li ha anche un milione di anni). Ma perché queste abitudini soft, che fanno a cazzotti con il lunedì sempre pimpante, avvengono proprio di domenica?

Ovviamente la domenica è il giorno di festa per eccellenza. Cristianamente è dedicato al culto del Signore, ed è il settimo giorno della settimana e nel calendario cristiano, appunto, e in quello ebraico. La Chiesa, in realtà, adottò - per così dire - il giorno dedicato ad onorare il Dio Sole sostituendo il destinatario della festa settimanale. [i]Dominus[/i] (per l’appunto ‘il Signore’) è divenuto il referente principale. Da che mondo è mondo, poi, la domenica non si lavora, non ci si affanna con gli obiettivi della vita infrasettimanale, e non la si trascorre sicuramente dentro casa.

Tant’è che il titolo “La domenica, a rischio nella vita attuale”, del documento che i vescovi francesi resero pubblico qualche anno fa in occasione del disegno di legge sul lavoro domenicale, avvalora ancora di più la nostra ipotesi di nullafacenza.

Il documento venne elaborato dal Consiglio per le questioni familiari e sociali della Conferenza Episcopale Francese. Nel documento, da un lato si ribadì la necessità di “un tempo per riposare, vivere in famiglia, avere una vita sociale e svolgere varie attività culturali e sportive”, sfuggendo alle costrizioni imposte dal lavoro durante il resto della settimana.

Quanto alle motivazioni sociali che consigliano di non eliminare il giorno di riposo settimanale, i presuli avvertirono che l'economia e il lavoro “non possono avere l'ultima parola nella vita sociale” e ricordarono che quando è stata regolata per l'ultima volta la questione, nel 1906, si è affermato che la domenica presuppone “un'esperienza sociale che è importante rispettare”.

La domenica vissuta invece come giorno lavorativo non solo è un mondano cliché del Nord italico. E' così, ad esempio, per i grandi esercizi commerciali, che vogliono “dinamizzare l'economia”.

Cancellare quindi il carattere particolare della domenica, “è una via facile che, con il pretesto del liberalismo, toglie all'uomo un'indicazione oggettiva, iscritta nel tempo, della sua dimensione spirituale”. 'L'apertura dei negozi la domenica - si leggeva nel documento - tornerebbe a banalizzare questo giorno e a far prevalere le leggi del commercio sulla dimensione di amicizia, familiare e spirituale dell'esistenza'.

Senza contare che constante della domenica è la messa vissuta in Chiesa. Fin dai primi secoli, il significato della domenica come giorno dell'Eucaristia “ha preceduto l'instaurazione della domenica come giorno di riposo settimanale”, che “ha permesso di arricchire la celebrazione del giorno del Signore” come “giorno dedicato alla famiglia e alla contemplazione spirituale”.

La domenica umanizza, quindi. Libera, arricchisce. Togliere la domenica sarebbe un po' come privare l'uomo del suo lato più spirituale, quello che viene fuori quasi si piange leggendo un rigo di poesia.

Donna antica, la domenica viene salvata dalla Chiesa. E se c'è chi dice che 'chi dorme non piglia pesci', c'è anche chi ribatte che 'mai e poi mai l'uomo è vissuto di solo pane'.