Politica

‘Restituitemi la dignità’

Signore mio, scusatemi, ma in questi ultimi tempi non riesco più a coordinare le idee. Troppi avvenimenti, tante inchieste, molte incertezze e una miriade di notizie che si sovrappongono, non mi consentono di seguire con razionalità l’effervescente evoluzione della nostra vita. Alcune volte, credetemi, sono portata a credere che gli effetti del terremoto si stiamo vivendo oggi. Quelli del 2009 furono esclusivamente traumatici. Gli attuali, invece, sono dirompenti e distruttivi, soprattutto della onorabilità e credibilità degli abruzzesi e, in particolare, degli aquilani. Cosa sta succedendo alla nostra onorata cittadina e alla stimata e apprezzata gente d’Abruzzo? Potreste dire a noi tutti qualcosa che ci aiuti a capire?

Cara la mia vedova, “[i]sacra miscere profanis[/i]”. Rifletti attentamente sul significato di questa citazione che non ha certo bisogno di alcuna spiegazione e, nella nostra lingua, assume il seguente significato: “[i]mischiare le cose sacre alle profane[/i]” (rappresenta un sacrilegio).

Signore, siete troppo lapidario. Non ditemi che, attraverso la citazione latina, intendete far riferimento agli ultimi avvenimenti che hanno travolto il Governatore, meglio ancora l’allegro Faraone d’Abruzzo, pimpante e virtuoso. All’anima della virtuosità! Per un attimo ho pensato che in Abruzzo si stessero girando le scene del Decamerone.

Amica mia, “[i]Est virtus placitis abstinuisse bonis[/i]”.

Mio Maestro, potrei cimentarmi nella traduzione, ma non sono molto brava come voi. Se dovessi sbagliare, correggetemi pure. Secondo me, la traduzione letterale dovrebbe essere, più o meno, la seguente: “[i]Somma virtù è l’astenersi anche dai piaceri leciti[/i]”. Leciti, perché uno degli interessati della o delle trasgressioni istituzionali, scusatemi coniugali, ha dichiarato pubblicamente che “l’adulterio” non è reato. È vero! È altrettanto vero, però, che resta pur sempre un peccato. E che peccato!

Mia cara, non esiste più religione che tenga, quindi, non meravigliarti più di tanto. Forse, sarebbe il caso di appuntare le attenzioni sugli effetti a catena che potrebbero provocare i cosiddetti “peccati”, meglio definiti oggi come semplici debolezze della carne, non della volontà. Ma, se non c’è la volontà, di grazia, a quali debolezze si intenderebbe far riferimento. A quelle meccaniche, forse? L’uomo, pur appartenendo al regno animale, dovrebbe essere dotato di un cervello raziocinante. Dalle notizie che ho potuto apprendere via etere, ho avuto l’impressione che il raziocinio sia veramente carente. Una cosa, però, ho potuto desumere con molta attendibilità. La malattia di Don Chisciotte, quella di scaricare la responsabilità delle azioni sugli altri, è disastrosamente contagiosa. Gli stessi virus, infatti, hanno aggredito il Faraone d’Abruzzo che, nella conferenza stampa post interrogatorio, ha dichiarato che la responsabilità dei rimborsi “bicamerali” è ascrivibile ai contabili regionali, come se non avesse chiesto il rimborso della fattura. Vuoi vedere che domani si verrà a scoprire che la firma sul modulo della richiesta di rimborso non è stata apposta dal Faraone. Staremo a vedere. Torniamo però sugli effetti delle debolezze. Debolezze per modo di dire! Questo tipo di unioni, se non cautelativamente protette, potrebbero dar luogo a delle generazioni singole, gemellari e, anche, plurigemellari. Infatti, incarico alla “prima donna” nella commissione pari opportunità; chiamata preferenziale diretta per la “seconda sorella”; affidamento, con storno, di quattro spiccioli, appena un milione e mezzo di euro, per la realizzazione di “particolari case”, non ho ben capito di quale tipo; affidamento in gestione di altro incarico, sempre alle “rispettabili signore”, da parte dell'ultrapotente assessore al lavoro, incarico revocato d’urgenza vista la bomba scoppiata da poco. Se ti sembra poco, fammelo sapere. Potrei fornirti qualche altro dettaglio.

Signore mio, non mi sembra affatto poco, anzi, direi molto. E dopo tutto questo, il Faraone ha avuto il coraggio di chiedere in conferenza stampa “restituitemi la mia dignità”. Personalmente, da povera vedova e anche un po’ avanti con gli anni, non ho certamente le virtù nascoste e le attitudini per togliere la dignità al Faraone. Poi, non mi risulta che qualcuno abbia potuto rubargliela. Semmai è lui, che all’ombra del Pantheon, l'ha posta tra le braccia di qualche persona abbastanza loquace e disinvolta. Infatti, tante cose le abbiamo apprese da lei molto presente nelle cronache giornalistiche e televisive.

Mia cara signora, i giovani, normalmente, ritengono che le cognizioni scolastiche costituiscano una sorta di noia dalla quale non ci si possa liberare. Spesso, però, nella fase adulta si incontra molta fatica a ricordare quegli inutili insegnamenti, anche se la mente si affanna a ricercarli senza alcun esito. Prima di dedicarsi a soporosi e saporosi rilassamenti, se al Faraone d’Abruzzo fosse tornato alla mente uno dei tanti detti del saggio Livio, forse, non si sarebbe mai disteso nell’alcova del tradimento, chiudendo gli occhi e abbassando le saracinesche della ragione. Sono anche certo che, prima della conferenza stampa, abbia ricercato quella famosa frase che avrebbe potuto illuminare, richiamando ai centri della memoria le regole della liceità, della ragione e di quella virtuosità, di cui ha parlato fino alla noia. In questo momento, poi, non è certamente nelle condizioni di ricordare, di leggere e rileggere tante cose utili, perciò ho deciso di metterle in ordine personalmente, anche per sottrarle all’attenzione dei faccendieri che ne avrebbero stravolto il significato. “[i]Non est, non tantum ab hostibus armatis aetati nostrae periculi, quantum ab circunfusis undique voluptatibus[/i]”. Sai cosa voleva dire Livio? Te lo traduco fedelmente: “[i]Nei tempi nostri non vi è tanto pericolo dai nemici in armi, quanto dai piaceri che da ogni parte sono sparsi[/i]”. Se avesse fatto tesoro degli insegnamenti di Livio, certamente non sarebbe stato sopraffatto dalle debolezze del piacere.

Signore mio, grazie sempre per queste tue bellissime citazioni che mi aiutano a comprendere i collegamenti trasversali della vita istituzionale. Ma, nel frattempo, Don Chisciotte si è ammutolito? Si è ritirato a vita privata? Lo hanno fatto prigioniero gli intellettuali del partito?

Mia cara, niente di tutto ciò. Vorrei darti una idea del suo comportamento con una certa approssimazione. Hai mai osservato attentamente il tuffatore sulla tavola del trampolino? Hai visto come si concentra in assoluto silenzio? In quel momento è solo nella maniera più assoluta. Cerca di concentrare tutte le attenzioni nella dominazione dei muscoli e dei movimenti. Quando pensa di aver raggiunto il massimo del raccoglimento, spicca il salto, si capovolge, effettuata delle rotazioni del corpo, si posiziona a testa a picco con le mani protese in avanti per tagliare la superficie dell’acqua in posizione perfettamente verticale, con i piedi in asse con il proprio corpo. Così pensa di fare Don Chisciotte, con la differenza che non entra in acqua di testa, ma con grande fragore di pancia. L’acqua schizza da tutte le parti e, essendo inquinata, contagia tutti quelli che tocca. Ecco come è rimasto contagiato il Faraone d’Abruzzo. Comunque, dopo le penose dimissioni, si è ripreso. La solitudine ha portato buoni consigli. Nel rimuginare pensieri e ricordi, ha scoperto i moltiplicatori e ne ha dato pratica attuazione immediatamente. Ha fatto convocare la famosa assemblea cittadina per farlo tornare in sè prima della scadenza dei termini di decadenza. Nella prima fase ha moltiplicato per sei il numero di quelli che hanno risposto alla chiamata alle armi. Ha pensato tanto al numero ottenuto, circa tremila, e ha cominciato a credere al risultato ottenuto. Si è ulteriormente convinto che, se avesse trovato un altro moltiplicatore adatto, avrebbe potuto affermare che tutta la città, sessantamila abitanti, lo hanno richiamato all’ordine, facendogli ritirare le dimissione. Sai cosa ti dico, con molta benevolenza, che, chiudendo bene un occhio, tremila glieli potrei anche lasciare. Sessantamila proprio no, perché tanti aquilani in città non ci sono, e lui lo sa bene. Inoltre, ha rifatto la punta anche alla lancia. Hai visto come ha zittito il consigliere di minoranza che ha osato interrompere il suo dotto dire: “[i]stai zitto. Non muovere contestazioni. Qui non stai al bar di Coppito[/i]”. Francamente non credevo che, oltre a quelli comunali, esistesse un mulino a vento anche a “Poppletum”.

Signore, i mulini a vento che vede Don Chisciotte stanno da tutte le parti, al Comune, alla Provincia, alla Regione, al Commissariato Ministeriale, al Ministero di Trigilia, al Ministero di Saccomanni, alla Presidenza del Consiglio di Letta, alla Presidenza della Repubblica, all’Unione Europea, alle direzioni dei più grandi quotidiani, alle più qualificate televisioni nazionali e internazionali alle quali ha dichiarato guerra, con l’assistenza del nuovo scudiero e di un esperto moderatore, i cui suggerimenti non hanno fatto ancora presa sulla coscienza di Don Chisciotte. Allora, Signore, prima ancora che si moltiplichino altri mulini a vento, le cui pale, prima o poi, potrebbero investirmi anche per errore, richiamate la mia povera e stanca anima accanto a voi prima di essere calpestata da un azzoppato Don Chisciotte, che non ha ancora recuperato stile, etica e dialettica del nobile cavaliera spagnolo. E così sia.